I “santaróoi”, acquasantiere devozionali al capezzale
Ho ritrovato, avvolte in uno spesso strato di vecchi giornali, due piccole acquasantiere in ceramica colorata che si trovavano tanti anni fa ai lati della testata del letto che era stato dei miei nonni paterni; mi sono fermato a lungo ad osservarle per ricreare la storia della loro presenza, un tempo, nella vita di tutti i giorni.
Questo mi porta alle celebrazioni del Sabato Santo che, voglio ricordarlo ai più giovani, si svolgevano tutte il mattino: la scelta di celebrazioni pomeridiane o notturne è relativamente recente da parte della Chiesa. Il mattino del Sabato Santo, alla benedizione dell’acqua che avveniva sul sagrato della chiesa, ero normalmente a Torre de’ Picenardi in vacanza e vi assistevo assieme alla zia che mi ospitava, tutti erano pronti a raccoglierne una bottiglietta per la casa: sarebbe servita a rifornire con regolarità le piccole acquasantiere poste al capezzale del letto e nelle quali era tradizione, e popolare manifestazione di fede, intingere la punta della mano per “segnarsi” prima di dormire.
Di colore rosa o azzurro, portavano normalmente l’immagine dell’angelo custode: erano una presenza per i bambini ai quali si insegnava a recitare le preghiere della sera e del mattino.
Ricordo come, ancora negli anni 50, la presenza di questi oggetti, detti in dialetto “santaróoi”, fosse generalizzata: si trovavano nelle case padronali come nelle case dei contadini; eventualmente cambiava la qualità della maiolica e delle decorazioni che l’abbellivano.
Poi, venendo a mancare le persone anziane che ne curavano il rifornimento ed ancora di più sparendo velocemente queste forme di fede popolare, assieme alle preghiere in famiglia, magari i rosari recitati attorno al fuoco del camino che, col movimento della fiamma, ci rasserenava più di uno spettacolo televisivo.
Fortunatamente si è anche sentita meno l’esigenza di avere in casa l’acqua benedetta, essendo venuta a mancare la gravità del battesimo urgente di bambini nati in casa e magari in forte pericolo di vita. Ho fatto in tempo a vedere i tanti funerali dei “mortini” (i murtìin), i bambini nati morti, o morti subito dopo, che venivano portati in chiesa nelle piccole bare bianche che tanto impressionavano me bambino; ed era importante questo battesimo somministrato in casa, normalmente dalle nonne o dalle stesse ostetriche del paese (le mitiche levatrici), per dare la “dignità di battezzati” per la celebrazione del funerale in chiesa.
Nella civiltà attuale, dove i bambini nascono tutti negli ospedali e non nelle case e con tutte le attenzioni da parte dei medici, il problema del facile rischio di vita è pressoché finito, ma è anche finito quel sentimento di grande fede che sapeva rispettare completamente il miracolo della vita e la santità del concepito.
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