In Villeggiatura con la carta annonaria, Roncone colonia cremonese
“Questo bambino avrebbe bisogno di montagna” aveva detto il medico alla mamma, preoccupata per la salute del figlioletto che sembrava crescere solo in altezza.
Era l’estate 1947 ed il dover andare in montagna, rappresentava una forte preoccupazione per quei tempi di ristrettezza economica, nei quali si doveva sfruttare al massimo la carta annonaria che prevedeva le quantità d’alimenti essenziali a cui la famiglia aveva diritto per un acquisto a prezzi calmierati, presentando i bollini staccati dalla tessera stessa; le quantità erano collegate alla dimensione della famiglia, con maggiorazioni di latte e zucchero per i bambini. Per questa villeggiatura, come si chiamavano comunemente le vacanze prolungate godute sino allora dalla famiglia soltanto presso i parenti di campagna, gli stessi che avevano aperto la loro casa per lo sfollamento in alcuni periodi dell’ultimo anno di guerra, ho recentemente trovato un “tesoro”: il fitto scambio di corrispondenza fra la mamma in montagna, col bambino “gracile” e la sua sorellina un po’ più grande, ed il papà rimasto in città al lavoro. Si tratta di una vera e propria documentazione di un periodo duro nella vita degli italiani, descritto con ricchezza di particolari e con vivace genuinità, da chi si trovava a dover affrontare situazioni nuove con disponibilità economiche sicuramente limitate.
Di fronte a questo pacchetto di lettere scambiate nell’arco di una trentina di giorni tra il luglio e l’agosto 1947, ho pensato che cosa potranno trovare i miei nipoti quando, raggiunta una certa età, vorranno documentarsi sulle piccole storie della loro famiglia o del loro ambiente, venendo a mancare gli scritti della corrispondenza tra le persone.
Non saranno certo le migliaia di “messaggini” telefonici a documentare avvenimenti e sensazioni ed a permettere valutazioni sull’epoca che stanno vivendo; e la corrispondenza per posta elettronica, ammettendo che sia conservata nel tempo, sarà marcata dalla fretta alla quale i nuovi mezzi di comunicazione costringono, incitando a risposte immediate senza il minimo tempo di decantazione e di meditazione. Penso che saranno costretti a ricostruire il passato, se mai ne troveranno il tempo, selezionando i momenti essenziali fra le migliaia d’immagini digitali, scattate senza alcuna scelta preventiva, e scaricate nelle memorie sempre più capaci dei computer: è certo che non riusciranno mai a ritrovare, in queste immagini, le “piccole storie di quando ci si scriveva”. E proprio queste piccole storie di un’epoca ormai lontana, cercherò di ricostruire seguendo giorno per giorno la vita, le gioie e le difficoltà, così com’emergono dalle lettere che fanno parte del “tesoro ritrovato”, frutto della corrispondenza tra Cremona e Roncone, questo era il paese di montagna della villeggiatura, in un’epoca nella quale le poste italiane permettevano un intenso scambio epistolare anche senza posta prioritaria.
Quando Roncone era una colonia cremonese
Nell’estate del 1947, il paese trentino di Roncone sembrava diventato una colonia dei cremonesi in villeggiatura, al punto che uno dei passatempi della famigliola era quello di recarsi “verso le sei alla posta dove si ferma la corriera come se si aspettasse qualcuno”, per la curiosità di vedere l’arrivo di qualche concittadino conosciuto e forse per il sogno, da parte dei due bambini, di veder scendere il papà.
Del resto anche la loro scelta di questo paese per la villeggiatura, era stata influenzata dal passaparola fra amici e conoscenti e dal loro aiuto per trovare il riferimento di una famiglia del posto alla quale chiedere l’affitto di una stanza per il periodo estivo: allora l’attrezzatura turistica di Roncone comprendeva soltanto un piccolo albergo.
Interessante è quanto scrive la moglie al marito: “La padrona di casa mi ha detto che tu ci sai fare con i contratti, visto che secondo lei gli altri padroni prendono di più: le ho fatto osservare che c’è chi paga meno”.
In un altro punto della stessa lettera aggiunge che “di notte cominciamo a dormire e, nonostante ci manchino certe comodità, cercheremo di passare meglio che potremo questo tempo”.
Del resto si viene a sapere che in quella casa, la prima a sinistra salendo dalla frazione di Fontanedo, “ben esposta all’aria asciutta e gradevole della montagna”, si alloggiava in una stanza con un letto matrimoniale e uno piccolo, dotati di pagliericci riempiti di “morbidi” cartocci delle pannocchie di granoturco e che, per appendere lo scarso abbigliamento, erano previsti soltanto chiodi infissi nel muro. La dotazione per lavarsi era di un catino bianco smaltato ed una brocca per l’acqua freddissima della fonte: è così che, il mattino, i primi ad alzarsi si premuravano di scendere in cucina, dove la grande stufa era già accesa, a prendere un po’ d’acqua calda per lavarsi.
Tutta l’attenzione di quella villeggiatura sarà rivolta ad osservare l’appetito dei figli e il loro miglioramento fisico: fortunatamente appariranno in fretta i primi buoni risultati. Ma più aumentava l’appetito dei bambini, più bisognava che la gestione delle disponibilità fosse fra le più oculate. Scriveva la moglie: “Per le tessere sono stata in Comune e avrò il pane fino al 28 con i bollini, perché gli ultimi dieci giorni danno tutta farina da polenta; a conti fatti resterei senza 3 giorni, che compenserò con farina bianca nella speranza che arrivino le nuove tessere per il primo di agosto. Mi hanno dato anche 1,3 Kg di zucchero perché risultava che non lo avevo preso e poi ho indicato anche il tuo nome così me l’hanno dato anche per te; il riso e la pasta sono fuori tessera e molto cari però, per un bisogno, si può prendere”.
Il bambino appassionato di ciclismo e tifoso di Bartali, “deluso” dopo il salto di catena a poche centinaia di metri dalla vetta del Falzarego con la perdita della maglia rosa a favore di Coppi, aveva trovato il modo di ascoltare le radiocronache delle ultime tappe del Tour de France, vinto da Robic, sotto le finestre di un piccolo laboratorio della casa di fronte dove si fabbricavano splendide ciabatte artigianali.
C’è un biglietto che il padre ha scritto espressamente al figlio: “Avrai sentito che gli italiani sono stati battuti nell’ultima tappa del giro di Francia, ritengo però non perderanno quello della Svizzera dove si dice che andranno anche Bartali e Coppi. Della Cremonese non si sa ancora nulla; appena a conoscenza dei nuovi acquisti te lo comunicherò”.
La moglie invita il marito a scrivere ancora perché “qui non sappiamo nulla del mondo, non c’è radio, non compero i giornali salvo la Domenica e il Corriere dei Piccoli, così manda tu qualche notizia scritta di tuo pugno”.
Tra timori per la spesa e corsa nei sacchi
La famiglia, dopo il primo impatto col paese di montagna, che fa dire al bambino che comincia ad abituarsi “in questo paese sconosciuto”, con “brevi passeggiate che non stanchino troppo, altrimenti le energie che i bambini acquistano, le perdono sulle montagne”, come scrive la mamma, cominciano a scoprire il territorio di Roncone.
“Ieri abbiamo camminato fin dopo il cimitero su una bella stradina piana verso Bondo dove contiamo di andare domenica pomeriggio, se sarà bel tempo, per visitare il cimitero di guerra; qualche giorno, ma più avanti, andremo con la corriera fino a Tione, per vedere quella cittadina: certo che girovagare tanto no, altrimenti i soldi sfumano in un baleno...”.
La preoccupazione per la spesa è una costante di quel periodo e la moglie scrive al marito: “Mi saprai dire per le tessere nuove se le hanno distribuite e se potrai mandarmele; chissà che il fornaio ci anticipi il pane ugualmente perché è buono anche quello della tessera e credo che a 300 lire il chilo non ne prenderò. Qui c’è penuria di latte di mucca, vi è quello di capra ma bisogna abituarsi al gusto: noi ne prendiamo mezzo litro, ma la bambina non lo vuol bere; il maschietto invece lo mangia con molto caffé e molto pane. Uova non se ne trovano, però ho ancora di quelle che portammo da casa”.
Nelle sue lettere dalla montagna la donna scrive di aver piacere di essere a Roncone con i bambini ma “desidererei fosse già il 25 d’agosto per poter venire a casa” ed aggiunge un particolare interessante: “Mosche e pulci ve ne sono poche e c’è abbastanza pulito”.
Aggiunge poi: “Ci sono molti cremonesi, ma io non mi appiccico troppo perché dopo non potrei più fare i miei comodi; vado qualche volta verso il laghetto, in località chiamata Milanino, dove trovo la signora Maria e una sua vicina che dice di essere dottoressa dei bambini e là facciamo quattro chiacchiere, facendo attenzione ai bambini che sono irrequieti e capaci di farsi qualche dispetto”.
Il bambino scriverà al papà: “Avrei molto piacere se per il 15 agosto venissi a Roncone che c’è la sagra e fanno molti giochi fra cui la gara ciclistica, la corsa nei sacchi e altro. Per quella festa la mamma mi ha promesso che mi comprerà il gelato. Mangio molto: pensa che una mattina mangiai un pane e mezzo, a mezzogiorno due pani, a merenda un pane e la sera un pane e mezzo; così spesso ripeto che voglio tornare a Cremona perché qui mangio troppo”.
La bambina, in una sua lettera al padre, scriverà: “Anche qui si è messo a far caldo e i montanari dicono che addirittura si muore; figuriamoci cosa direbbero se fossero a Cremona e sentissero il caldo che vi fa”.
Il padre, molto sensibile ai brevi scritti dei figli, risponderà ogni volta intervenendo con raccomandazioni soprattutto relative al maschio: “Dalle poche righe scritte mi ha dato l’impressione di essere poco allenato: non dedica qualche ora del giorno allo studio? Mi raccomando questo in particolare ed il parlare italiano anche quando ci sono dei cremonesi”.
La galleria della Guerra e la cura dell’acqua
“Durante una passeggiata più lunga del solito, i bambini hanno scoperto l’accesso, male sbarrato, di una galleria scavata nella montagna e, incuriositi, cercavano un passaggio per entrarvi: non ho voluto e sono riuscita a trattenerli. Tornando ne ho parlato alla padrona di casa, che mi ha confermato di aver fatto bene ad impedire l’ingresso dei bambini perché sembra che le volte della galleria minaccino di crollare: si tratta comunque dei resti di passaggi e camminamenti costruiti dai militari durante la prima guerra mondiale”.
Avevano fatto l’interessante scoperta di un resto fra i tanti che oggi sono entrati nell’itinerario di trekking delle “Valli eroiche e generose”, che un tempo furono teatro della Grande Guerra nella valle del Chiese.
Questa avventura veniva ad arricchire di nuovi interessi la villeggiatura a Roncone, voluta per curare il bambino giudicato dal medico un po’ gracile.
La battaglia per “sopravvivere” ai razionamenti, continua senza sosta e il marito scriverà che “alla Provvida (lo spaccio alimentare dei ferrovieri) mi hanno detto che presentando il bollino n° 84 si ha diritto al ritiro di 2 chili di pasta; quindi se detti bollini non li hai utilizzati a Roncone, mandameli così la potrò acquistare prima della fine del mese. La torba è arrivata e ne ho fatto portare a casa 5,40 quintali, è bella e la ritengo anche buona. In seguito ne deve arrivare dell’altra e mi dirai se val la pena di prenderne ancora”.
Immediata è la risposta della moglie: “A proposito del bollino della pasta, ho sentito in Cooperativa, prima di staccarlo, qual’era il numero per i generi da minestra, ma non lo sanno ancora; non mi fido a mandarteli perché qui non hanno ancora distribuito nulla ed è meglio arrischiare per avere qualche cosa qua; facilmente mi daranno anche il lardo di luglio al posto del burro, ma a me fa comodo. Di torba direi di prenderne ancora perché è poca, così ci scalderemo meglio”.
Proseguirà poi raccontando che “domenica siamo stati a Bondo con la padrona di casa, abbiamo visitato monumento e parco ai caduti dell’altra guerra, però mi piace più Roncone”.
Infine, tornando alle cose concrete, racconta: “Faccio la cura dell’acqua di Roncone che è bella fresca e vino non ne prendo perché è cattivo; prendo piuttosto la frutta e quando viene qualche camion, la vende a minor prezzo, così ne mangiamo di più”.
Il marito, nella lettera di risposta, racconterà un po’ di sé: “Questa mattina sono andato a pescare con Piero e ne abbiamo preso sette etti; è il divertimento per questa estate eccezionalmente calda e senza mai un po’ di pioggia che venga a rinfrescare non solo noi, ma anche la campagna che ne avrebbe così tanto di bisogno. Tra poco metterò i tappi sulle bottiglie di conserva che mia sorella ha cominciato a preparare per l’inverno”.
In molti punti della lettera l’inchiostro è sbiadito, formando una macchia; il papà concluderà la lettera rivolto ai figli: “Bacioni cari dal vostro papà sudato, come potete vedere dalla lettera tutta bagnata”. (1-continua)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti