22 maggio 2022

L’invasione dei preziosi bachi da seta

Scrivendo delle mondine, ricordavo come i proventi dei 40 giorni di monda, rappresentassero l’entrata straordinaria per i bilanci delle famiglie contadine, di frequente usati per preparare la dote delle nubili di casa. 

Un altro provento straordinario che, se l’annata era buona, rendeva ancora di più senza che le giovani si allontanassero da casa, era l’allevamento del baco da seta che iniziava normalmente dopo le grandi feste pasquali, allora veramente molto sentite dal mondo contadino, e proseguiva nel pieno dell’esplosione della primavera fino verso la fine di maggio. 

Questo impegno richiedeva quasi due mesi di sacrifici per tutta la famiglia, dal momento dell’acquisto delle “once” di uova, la semente, che bisognava conservare in una stanza col camino per poterla riscaldare, fino alla predisposizione delle impalcature con i ripiani a griglia sui quali far crescere i bachi, alimentandoli durante le varie mutazioni; l’allevamento occupava gran parte della casa, costringendo la famiglia ad ammucchiarsi in poco spazio con una promiscuità molto zingaresca di persone e cose e con alcuni relegati a dormire sul fienile o nei solai. 

Ho vissuto parzialmente gli ultimi anni di questa esperienza e ricordo in particolare il rumore ossessivo prodotto da migliaia di bachi, che rosicchiavano senza sosta le foglie del gelso date come alimentazione. 

E poi l’impegno di recarsi a “far la foglia”, la sfogliatura, che consisteva nello strappare metodicamente la foglia fresca e tenera dai rami del gelso, senza romperli, e riempire dei grossi sacchi per il trasporto in cascina; noi bambini seguivamo lungo le ripe, giocando e mangiando, a volte ancora acerbi, i frutti bianchi o neri dei gelsi, con effetti intestinali devastanti. 

Così, pian piano, vedevamo avanzare la primavera e il completo risveglio della natura, col suo verde intenso ed abbagliante: solo chi ha avuto la fortuna di goderlo nella sua evoluzione quotidiana, può capirne la bellezza. Giorno dopo giorno si formavano i bozzoli attorno a dei rametti di legna secca che erano stati infilati nei graticci; di seguito li si metteva a sbollentare nel gran paiolo di rame sopra la fornace, per uccidere il bruco prima della muta in falena, ed arrivare infine al felice momento della consegna in filanda, con la pesatura che rivelava se le once di semente, pagate a caro prezzo, avessero reso bene. 

Della filanda ho un ricordo per gli anni vissuti con la mia famiglia nella grande camera della seta, trasformata in appartamento con delle tramezze, a fianco della filanda abbandonata di via XX Settembre, e le scorribande con gli amici fra i tanti “fornelli” della stessa. 

Dopo la consegna dei bozzoli, in campagna la casa tornava all’uomo ed era festa, festa grande che precedeva altri impegni: per le donne di casa il bucato di tutte le lenzuola usate durante l’inverno (la bügàada) e per gli uomini il momento della fienagione con le migliori erbe dell’anno. Ma questi sono altri ricordi. 

 

Giorgio Bonali


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