Sacralità delle rondini, segno di buona fortuna
“Per san Benedetto, la rondine sotto il tetto”. Così si diceva una volta, legando in maniera indissolubile il ritorno delle rondini all'inizio della primavera, segnato dal nome di un grande santo che allora si festeggiava il 21 marzo.
In campagna poi c’era quasi una sacralità nel loro ritorno ed i nidi, costruiti in porticati e fienili o nelle vecchie stalle dai bassi soffitti imbiancati a calce e vicino all’altarino dedicato a S. Antonio “dalla barba bianca”, non venivano mai distrutti: si sperava che ogni anno vi tornassero le rondini a depositare le uova, interpretando ciò come segno di buon auspicio.
Mi è capitato di vedere nidi costruiti all’interno delle abitazioni di campagna, nella stanza riscaldata dal camino, e di vederli rispettati a tal punto da lasciare sempre aperto un pertugio sufficiente all’andirivieni della rondine, così che potesse alimentare i pigolanti nuovi nati. Molte storie erano raccontate sulle rondini, legate in particolare alla goccia di sangue persa dal Bambino Gesù durante la fuga in Egitto per la puntura di uno spino, e raccolta da una rondine, come al loro “sacro” intervento per togliere le spine dalla corona posta in capo a Cristo in croce.
E poi era memorabile nelle sere estive, al tramonto, il garrire delle rondini che fendevano l’aria ad altissima velocità più o meno radenti al terreno: dal volo più o meno basso si ricavavano anche previsioni sulla stabilità del bel tempo col volo alto e sull'avvicinarsi della pioggia col volo radente il terreno.
In città poi, abitando da ragazzo vicino al Duomo, quasi ogni sera al tramontare del sole, godevo del vorticoso e rumoroso volo di centinaia di rondini e rondoni attorno alla struttura della chiesa ed ancora di più nel perimetro della piazza; sono tornato per alcune sere al tramonto, quando la grande piazza è già e ancora deserta, ed ho ritrovato con incanto il vecchio grande spettacolo del loro volo.
Ma la cosa più bella è stata il vedere il nido ricostruito sopra l’ingresso della nobile scala che conduceva alla sede del giornale “Cronaca” in via Beltrami – oggi purtroppo scomparso – con dentro cinque nuovi nati che sporgevano il piccolo capo dal bordo, in attesa che arrivasse la loro mamma a nutrirli; e la rondine regolarmente ritornava, senza sosta, a portare l’alimento che aveva raccolto in volo.
Non mi stancavo di guardarli e i miei ricordi volavano lontani nel tempo, negli anni di irripetibili estati vissute “a piedi scalzi” nella piccola cascina di una mia zia, con le rondini come compagnia discreta di ogni giorno; ci si accorgeva di loro piuttosto quando con i primi freddi autunnali, partivano per il lungo viaggio lasciando la tristezza di un grande silenzio.
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