"El padròon de la melunèera". Il rito del taglio dell'anguria
'L è véert , ma 'l è mìa èerba; 'L è rùs, ma 'l è mìia vìin; 'L è töta àaqua e.... ne la cùr e ne la dàaqua! Un vecchio indovinello per i bambini cremonesi introduce un secondo "l'appetito vien mangiando" di stagione. La risposta all'indovinello è ovviamente l'anguria. Meloni e angurie fanno parte della nostra tradizione estiva quando si aspettava "la melunèera" in zona Po o in viale Trento e Trieste. Oggi meloni e angurie si trovano quasi a tutte le stagioni, dimentichi del proverbio che diceva: "söche e melòon a la so stagiòon" oppure quello che ricordava che non tutti i terreni erano adatti per coltivare i meloni: "la vìida in dè 'l sàs e i melòon in dè 'l terèen gràs". "La melunèera" era talmente attesa che con il detto "'l è 'l padròon de la melunèera" si sono poi indicati tutti i proprietari delle aziende. Giorgio Bonali in uno dei suoi "Bauli ha ricordato quei momenti (leggi qui).
A ricordare i tempi andati di quando si aspettavano angurie e meloni per rinfrescarsi dalla calura estiva, ecco ancora una volta in aiuto il bel libro "la crema di Crema" scritto da due sacerdoti cremaschi, don Pier Luigi Ferrari e don Marco Lunghi alla ricerca di saperi e sapori cremaschi.
"In agosto la bottega trovava un prolungamento esterno con l'esposizione da le ingurie, un prodotto che, per le sue dimensioni e le singolari proprietà quanto mai opportune per scót la sit in un periodo di grande calura, costituiva un ottimo dissetante e talvolta l'intera razione di un pasto quotidiano.
Tali plurime funzioni del grosso cocomero avevano ispirato un detto che, all'occasione poteva diventare un indovinello per i più piccoli: sa bif, sa pâcia, sa lãa la facia! Le più diffuse, e di solito provenienti dalle melunére delle nostre campagne locali, erano le cosiddette quarantine, piccole e dalla scorza di colore verde scuro e tuttavia trattate secondo un atavico rito che si rinnovava coram populo a diverse ore della giornata.
La voce che si tagliava l'anguria correva rapidamente nei cortili del circondario, dove i fanciulli in tempo di vacanza potevano permettersi questi spettacoli nei quali sensazioni visive, uditive e olfattive esercitavano su di loro un influsso irresistibile.
Seguito dal codazzo degli accoliti, il fruttivendolo adocchiava il prodotto più prestante, ne valutava la qualità e il grado di maturazione con una esperta góga dalla cui risonanza poteva dedurre sentenze ed auspici: "Chèsta ché l'è prope chèla!". Posto il frutto prescelto sö 'l taulì da marmo procedeva a sezionare il cocomero: tolti co e cül prima di tutto al ga faa 'l cor inserendo nel centro un apposito cilindro di acciaio e estraendo la parte interna più buona da vendere a prezzo maggiorato alle persone più facoltose del paese. La parte restante era tagliata a fette regolari subito poste sota la muschiróla püturada da smalt co la redina fina per sottrarre la polpa zuccherosa dalle incursioni di mosche, vespe e zanzare.
In qualche caso l'anguria era acquistata intera ad uso familiare, e allora il richiedente esigeva prima di tutto la prova del tast, che il commerciante effettuava incidendo un piccolo quadrato che permetteva di constatare attraverso una piramidina di polpa la bontà del frutto: "L'è rosa, l'è granìda, l'è sol fior" come direbbe l'ottimo Pesadori. Ovviamente il nostro astuto ed entusiasta personaggio conduceva il suo test di qualità da la part püsé bèla, dove l'anguria nella sua crescita era rimasta a lungo esposta ai raggi del sole assumendo quindi gusto più zuccheroso e una migliore maturazione rispetto alla parte aderente al terreno, tra le proteste a mezza bocca del cliente che esigeva: fam al tast da l'otra banda! Nel caso di un clamoroso responso negativo, il fruttivendolo non esitava, con gesto plateale, a gettare l'infelice esemplare nelle acque correnti della vicina roggia sulle quali l'enorme cucurbitaceo navigava con sussiego accompagnato dagli sguardi delusi per questa storia meravigliosa non conclusa a lieto fine. In tutti casi qualcuno aveva tratto dalla morale di questa favola il celebre detto: "le zucche e i cocomeri, anche nella Vita, stanno sempre a galla", salvo poi diventare preda di una ordinata squadra di anatre che ne beccavano il contenuto lasciando alle onde soltanto qualche lacerto di scorza".
La magnifica fotografia è di Ernesto Fazioli, fotografo in Cremona e poi a Cremona nei pressi del Po una Melunèera, dal campo al negozio, improbabile ai giorni nostri offriva a golosi avventori frutti dal gusto irripetibile: ricordi d'Antan...
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti