29 aprile 2024

Quando 55 anni fa scoppiò anche a Cremona il '68 (in ritardo di un anno)

Le splendide foto di Giuseppe Faliva raccontano del sessantotto cremonese, da noi in ritardo di un anno. Come sempre Cremona arriva dopo le altre città.

Il cuore della protesta studentesca da noi è stato infatti nel 1969, 55 anni fa. Cortei, manifestazioni, l’occupazione dell’Itis nel febbraio di quell’anno. Nei cortei migliaia di studenti di tutte le scuole. Una mobilitazione senza precedenti.

Era iniziata con i cortei di appoggio alle rivendicazioni operaie, con gruppi di studenti che avevano fatto proprio lo slogan francese: “Ce n’est qu’un débout...” a far da controcoro a “Agnelli, Pirelli ladri gemelli”.

Poi, come in tutta Europa la mobilitazione è arrivata nelle scuole. Al liceo Classico Manin a guidare la protesta erano Sergio Finardi (poi ricercatore negli Stati Uniti), Mario De Blasi (figlio del presidente del Tribunale, poi medico a Parma) e Floriano Soldi (poi giornalista).

All’Itis i capi della protesta erano Deo Fogliazza, figlio d’arte in politica, Giancarlo Storti, diventato successivamente sindacalista, Giorgio Barbieri, in seguito giornalista, Mauro Bettoni (giovani socialisti), i fratelli Bera, Edy Trivella. Al Beltrami i leader della protesta erano tutti moderati, molti di area cattolica. Il capo era Fulvio Rozzi, iscritto al Movimento Giovanile della Dc, diventato poi dirigente di banca poi Anna Melega, vicina ai Giovani Repubblicani.

Allo Scientifico il Movimento attecchì poco: tra i leader della protesta c’erano i fratelli Gigliobianco (giovani socialisti) e Micio Mori di estrazione cattolica. 

Così Giancarlo Storti ha descritto le proteste di quegli anni sul giornale telematico WelfareCremona qualche anno fa, facendo i confronti con la cosiddetta Onda, il movimento che stava nascendo nelle scuole nel 2009.

Sono andato a rivedermi alcuni appunti su quel periodo ( anno scolastico 1968-1969) e la parola d’ordine che spiccava in tutti volantini era una: “ Diritto allo studio”. Nello specifico l’elenco delle richieste era lunghissimo: diritto all’assemblea, buoni libro, buoni trasporti, diminuzione delle tasse scolastiche, un orario scolastico meno pesante (si andava a scuola 6 mattine e 5 pomeriggi), meno autoritarismo, contestazione dei ruoli gerarchici, riforma degli esami di stato ecc.
In questi primi due-tre anni, il movimento studentesco del ‘68 si caratterizzò su una piattaforma “ rivendicativa” tesa ad espandere i diritti, a far sì che le classi subalterne potessero accedere con maggiore facilità alla scuola.

Insomma la spinta era per far sì che la scuola diventasse di massa e non solo al servizio della classe “borghese”.

Quel movimento, che poi approdò alla politica (e solo una minoranza di esso al massimalismo ed all’estremismo) era in sintonia con la battaglia sociale che le classi lavoratrici stavano combattendo anch’esse sui diritti (ricordiamo che lo statuto dei lavoratori fu approvato nel 1970).

Era il periodo appena successivo alla riforma delle scuole medie inferiori con l’introduzione dell’obbligo scolastico per la terza media ecc.

Un movimento che guardava ai fenomeni di contestazione europea, francese, tedesca ed americana in particolare. Sullo sfondo vi erano le prima manifestazioni contro la guerra in Viet Nam. Un movimento che via via si poneva l’obiettivo, tramite la contestazione, della trasformazione radicale delle società capitalistica. In questo contesto il fronte sociale non era vasto come appare o come è oggi.

Le famiglie, nonni compresi, i sindacati della scuola non erano presenti. A volte erano ostili. I partiti della sinistra, Pci in testa, guardavano con titubanza quel movimento”.

Nelle fotografie di Giuseppe Faliva la manifestazione davanti al Provveditorato, poi i controlli dell'Ufficio Politico della Questura e davanti al microfono Mario De Blasi e Floriano Soldi


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