6 dicembre 2023

Natali antichi (molto antichi!) nelle cascine di campagna. Ricordi, suggestioni, cibi e giochi delle feste del passato. Quando facevamo "la fantina"

Ecco uno scritto del carissimo professor Gianfranco Taglietti che ricorda la Santa Lucia e il Natale d'altri tempi. Ma anche come ci si vestiva, cosa si mangiava e come ci si divertiva. 

Tanti anni fa, non tanti da non ricordarli, però. Eravamo bambini e non sapevamo che cosa fosse lo yogourth; nessuno intorno a noi mangiava würstel e neppure ananas; nessuno, pensate!, indossava jeans. Nelle cascine delle nostre campagne, sperdute nella nebbia invernale, non si scorgevano le luci sfolgoranti degli alberi di Natale. I contadini non percepivano le “tredicesime” e non mangiavamo cotolette né nodini, né il filetto, tanto meno i gamberoni, il vitello tonnato, i cannelloni ripieni.

Le specialità golose erano i gratòon, le sardéle, l'arìinga, gli spezzatini e, solo per Natale, el capòon (durava tre giorni!), le fujàade, i peséen in ajòonQuaidöön el cumpràava na pàart de bisèt (da mangiàa tuchelìin per tuchelìin!).

Ho detto che non indossavano i jeans, ma non si conoscevano (e neppure si immaginavano!) i giacconi di renna o anche di pelle, i paletot o i soprabiti; gli uomini portavano il tabarro con “la rotonda”, solo nelle giornate festive, mentre nei giorni feriali si coprivano con la “mantellina” (magari quella militare). Le “timberland” erano ancora di là da venire; si calzavano per lo più gli zoccoli con le suole di legno e la tomaia rigida e dura, i ricchi calzavano i bruchìin con gli elastici ai lati, le donne le pianéle (di vernice le più eleganti). A proposito di paletot, mi hanno raccontato di una giovane donna che dal paese veniva in città ad imparare "da sarta"; era riuscita, con i suoi risparmi, a confezionarsi un paletot. Lo indossava in città, ma al ritorno in paese ( a piedi, naturalmente, per dieci-undici chilometri), arrivata a qualche chilometro se lo toglieva, lo avvoltolava nell'ampio scialle e si copriva cun el siarpòon. In paese avrebbe attirato l'attenzione e i commenti malevoli non sarebbero certo mancati.

Per Santa Lucia, in quei tempi, i bambini trovavano - al risveglio - un piatto con noci, arachidi e castagne secche (mùundui / ciucaróoi) con alcuni “baldesi” (erano torroncini sferici, in carta stagnola, così denominati dall'immagine di Baldesio - il nostro "Zanéen de la bàla" - ben visibile sulla carta!).

Come giocattoli, era assai gradito dai maschietti un cavallino di legno e di cartone, con la coda dipinta sulla gamba; dalle bambine la bambola di pezza riempita di stoppa.

Povera Santa Lucia di una volta..., e poveri Natali, quando il divertimento principe era la fantina, cioè lo sdraiarsi nella neve lasciandovi l’impronta del corpo, burlesca (se si vuole), raffigurante una specie di marionetta; divertimento, questo, a cui si aggiungeva lo slittare sulle lastre di ghiaccio nei fossatelli gelati. Le slitte non erano state ancora inventate, o esistevano da alcune migliaia di anni, ma appartenevano - per i nostri ragazzi - alle leggende o a le bàle de filòs...!

La foto è di Luigi Briselli

 

Gianfranco Taglietti


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


claudio

6 dicembre 2023 19:57

Commovente, adesso, ma allora la vita era questa!!!!!!!!!!!!

Jim Graziano Maglia

11 dicembre 2023 19:52

Conobbi con piacere e soprattutto onore il Prof. Taglietti.Un grande uomo e allo stesso un uomo semplice, innamorato,oltre che della classicità, di Cremona e il suo territorio,del suo dialetto, della sua storia e delle sue indimenticabili tradizioni e storie. Insomma un acuto ed un appassionato esperto della nostra città.Che dire poi del suo memorabile dizionario etimologico del dialetto cremonese? Il Professore Taglietti resterà per sempre nel mio cuore ringraziandolo ancora per la sua profonda Cultura e che tanto ci ha lasciato ed insegnato. Grazie anche a Cremonasera per l'indelebile ricordo e di questo prezioso "dono natalizio" offertoci.Un caro saluto di ogni bene.