21 marzo 2024

Alta Langa: una denominazione ancora alla ricerca di se stessa

 

I primi mesi dell’anno sono da sempre dedicati alle anteprime e alle presentazioni delle nuove annate dei vini più blasonati. Consorzi, Enti di Promozione e Uffici Turistici ogni anno sembrano fare a gara a chi affitta la location più sfarzosa, l’ambientazione più evocativa, l'influencer più in auge (si, esistono anche nel mondo del vino, purtroppo).

Tra le tante che si sono succedute in questi mesi, quest’anno ho deciso di concedermi la PRIMA ALTA LANGA, la presentazione delle nuove annate degli spumanti Piemontesi Alta Langa, che si è svolta lunedì scorso nella splendida cornice del Teatro Regio di Torino.

Prima di raccontarti quali etichette mi sono piaciute di più, è però doverosa una breve presentazione della denominazione e della sua storia, per meglio inquadrare il fenomeno.

Come saprai, amico mio lettore, amica mia paritaria, il Piemonte, celebre per i suoi vini rossi robusti come il Barolo e il Barbaresco, ha una storia altrettanto affascinante da raccontare quando si tratta di vini spumanti. È infatti noto che i primi a produrre spumante metodo classico in Italia, da uve pinot nero, furono Carlo Gancia, pioniere dello spumante italiano, con azienda a Canelli (AT), e Augusto Giorgi di Vistarino, latifondista a Rocca de’ Giorgi (PV).

Da quel lontano 1865 sono successe molte cose, e la specializzazione di ogni territorio Piemontese (il Moscato per la zona di Canelli; la Barbera nel Monferrato, i grandi Nebbiolo nelle Langhe, ecc.) ha spinto nell'oblio la produzione spumantistica del Piemonte, per molti anni relegata quasi esclusivamente all’Asti Spumante.

Questo fino agli anni '90, quando un gruppo di produttori piemontesi, noti come le "Sette Sorelle" - Cinzano, Contratto, Fontanafredda, Gancia, Martini&Rossi, Riccadonna e Banfi - diede il via al "Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte". Questo ambizioso progetto segnò l'inizio di una nuova era per lo sviluppo dei vini spumanti di alta qualità nella regione.

L'obiettivo era chiaro: elevare la produzione degli spumanti Piemontesi metodo classico al livello delle migliori tradizioni internazionali. Nel 1993, l’obiettivo fu concretizzato nell'Associazione "Tradizione Spumante", fondata come una risposta concreta e coordinata all'esigenza di promuovere e proteggere i vini spumanti Piemontesi. Questa associazione riuniva i produttori più impegnati nel settore, ed alle Sette Sorelle originarie vide affiancarsi Cocchi ed Enrico Serafino.

Nel corso degli anni successivi, l'Associazione "Tradizione Spumante" si trasformò in "Case Storiche Piemontesi" nel 1997 e finalmente, nel 2001, dopo anni di impegno e lavoro incessante da parte dei produttori e delle istituzioni locali, la denominazione Alta Langa fu ufficialmente riconosciuta.

Questa denominazione ripercorre la fascia collinare del basso Piemonte alla destra del fiume Tanaro e comprende 149 comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo. Il disciplinare prevede l’utilizzo esclusivo di uve Chardonnay e Pinot Nero, la seconda fermentazione in bottiglia, e un periodo minimo di affinamento sui lieviti di 30 mesi, che diventano 36 mesi per le verisoni Riserva.

I numeri attuali dicono 65 cantine produttrici (sono 130 gli iscritti al Consorzio, dei quali la metà coltiva solo l’uva), circa 350 ettari vitati e 3 milioni di bottiglie prodotte, che rendono l’Alta Langa la terza denominazione Italiana di vino spumante dopo la Franciacorta e il Trento.

Ma veniamo ai miei assaggi di lunedì scorso. Ecco in un rapido elenco non ordinato dei vini che mi hanno più colpito.

L’AGRICOLA BRANDINI di La Morra (CN) è una solida realtà, tutta al femminile, rinomata per i propri Barolo, ma che da qualche anno affianca due etichette di Alta Langa convincenti. Il Brut 2020 è profondo, maturo e strutturato, il Rosé Brut 2019 è invece floreale, vinoso e avvolgente.

La CANTINA CLAVESANA, importante realtà cooperativa del Doglianese, produce un Alta Langa Extra Brut Mito 2020 di bella acidità e trama sottile ma piacevole.

Da qualche anno, CASA E. DI MIRAFIORE è il brand di prestigio del colosso Fontanafredda, a cui sono riservate le vigne più storiche dell’azienda. L’Alta Langa Blanc de Noir Brut 2020 è stato l’assaggio più convincente della giornata: naso varietale e intenso, bocca persistente, lunga, asciutta, compatta e avvolgente.

CAVALLERO è stata una sorpresa. Piccola azienda famigliare a Vesime, nella Langa Astigiana, ha presentato un Alta Langa Extra Brut 2020 agile e fresco, dal bel naso floreale e dalla bocca sacattante e distesa.

Dopo qualche anno in cui li ho trovati stanchi, anche gli Alta Langa di COPPO (Canelli AT) sono tornati a buoni livelli: il Luigi Coppo Brut 2020 è risultato ampio e piacevole, il Luigi Coppo Pas Dosè 2020 asciutto e compatto, la Riserva Coppo 2018 è intenso, speziato (100% barrique) e minerale.

Torniamo a Dogliani (CN) da DELTETTO, indirizzo famoso e conosciuto, dove tra la ricca gamma di etichette di Alta Langa, spicca la Riserva Blanc de Noir Pas Dosè 2019: asciutto ma ricco di frutto, teso, verticale e lunghissimo.

SARA VEZZA è una produttrice langarola che ha deciso di scommettere sull’Alta Langa. Per adesso la sola etichetta prodotta, il Brut 2020 è convincente e coerente: lungo, affilato, di bella trama acida e finale avvolgente.

TENUTA ROCCA di Monforte d'Alba (CN) mi ha convinto con il suo Alta Langa Extra Brut 2020: naso fresco, bollicina cremosa, teso e verticale.

Esattamente agli antipodi troviamo l’Alta Langa Brut 2020 di TERRABIANCA di Mango (CN): morbido, fresco e facile, è un vino godibilissimo e dalla beva compulsiva.

Infine, menzione di onore per ROBERTO GARBARINO di Neviglie (CN), l’unico vigneron presente che produce esclusivamente Alta Langa (più una solo etichetta di Moscato). Delle cinque cuvée presentate, ho curiosamente preferito l’Alta Langa Il Viaggio Extra Brut 2020, un Blanc de Blanc vibrante e salino, con bellissima trama acida e spiccata sapidità.

Andrea Fontana


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