17 aprile 2025

Oltre l’Europa: alla scoperta dei vini del Nuovo Mondo

Se c’è una dote che mi riconosco è il tempismo (sono ironico, naturalmente).

Si perché proprio ora, mentre il Mondo intero sembra si stia chiudendo su se stesso, complici gli annunci e i provvedimenti schizofrenici del presidente Americano Trump, a me viene voglia di affrontare un argomento che non ho mai trattato: i principali vini del Nuovo Mondo.

Facciamo un passo indietro.

Per secoli, quando si parlava di vino, la mappa era facile: Francia, Italia e (poca) Spagna. Tutto il resto è noia, per dirla con Franco Califano.

Poi qualcosa è cambiato. O meglio: qualcuno ha messo delle barbatelle in valigia e ha cominciato a piantarle lontano da casa.

È iniziato tutto con la colonizzazione europea: inglesi, spagnoli, portoghesi e olandesi che sbarcano in Sudafrica, in Australia, in Sud America e ovunque si potesse costruire una “nuova Europa”. Con sé portavano uve e tradizioni, ma anche il desiderio di adattare il vino a nuovi territori e a nuovi gusti.

Nascono così questi “Vini del Nuovo Mondo”. Che in Italia oggi sono poco presenti nelle cantine dei ristoranti, ma che in un passato neanche troppo lontano, verso la fine degli anni ‘90, erano in grande voga, pluripremiati e pluripresenti in tutte le Carte dei Vini dei locali più innovativi.

Tuttavia il loro successo è stato tanto repentino quanto effimero, e così come sono esplosi sono anche implosi, perdendo velocissimamente visibilità e quote di mercato, fino ad essere relegati a mero completamento di proposta.

Questo non significa che non ci siano etichette o zone interessanti; tutt’altro. Vediamo quindi i principali vini che hanno saputo imporsi nei mercati internazionali con identità precise, stile moderno e (spesso) prezzi molto competitivi.

Argentina: il regno del Malbec

Qui la vite arriva con i conquistadores, ma è solo a fine Ottocento, grazie agli emigranti italiani e francesi, che prende il volo. Il Malbec, originario del Sud-Ovest della Francia, trova in Argentina la sua terra promessa: tannini morbidi, frutto maturo, profumi di viole e spezie.
Oggi è il biglietto da visita di Mendoza, una delle zone vinicole più alte del mondo, con vigne a oltre 1000 metri sul livello del mare.

Cile: tra Pacifico e Ande, un paradiso viticolo

Clima perfetto, poche malattie, zero fillossera. Il Cile è un Eden per la viticoltura. Qui brilla il Carmenère, un vitigno bordolese ormai quasi scomparso in Francia, ma che in Cile ha trovato nuova vita (e pure in Italia, visto che si stima che oltre l’80% del Cabernet Franc impiantato tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 sia in realtà Carmenere; ma questa è un’altra storia). E poi Cabernet Sauvignon, Syrah, Chardonnay, con uno stile pulito, preciso, spesso molto “internazionale”. Prezzi sovente molto concorrenziali.

Australia: potenza e innovazione

È il Paese che ha trasformato lo Shiraz (lo stesso Syrah del Rodano) in un’icona moderna: scuro, sovraestratto, potente, speziato, vellutato. Ma non solo: dall’Australia arrivano anche ottimi Chardonnay

e Merlot. Le regioni più note? Barossa Valley per i rossi muscolosi e Margaret River per vini più eleganti e sottili.

Nuova Zelanda: il regno del Sauvignon Blanc

Piccolo Paese, grande personalità. La Nuova Zelanda si è conquistata un posto al sole nel mondo del vino grazie al suo Sauvignon Blanc, in particolare quello della zona di Marlborough: agrumato, nervoso, con profumi intensi di frutto della passione, lime e ortica. Un vino che divide, ma che ha conquistato critici e appassionati per la sua freschezza travolgente. Loira esclusa, forse è qui che il Sauvignon trova oggi la sua espressione più brillante e riconoscibile.

Sudafrica: il fascino del Pinotage

Un ibrido tra Pinot Noir e Cinsault, il Pinotage è il simbolo di una viticoltura che affonda le radici nel Seicento ma che solo di recente ha trovato la sua voce. Vini dal carattere forte, speziati, un po’ rustici ma sinceri. E poi ottimi Chenin Blanc (detti localmente “Steen”), Sauvignon e Cabernet, caratteristici della regione di Stellenbosch.

Stati Uniti: più che Napa Valley

Gli Stati Uniti sono enormi, e per raccontarli tutti, anche da un punto di vista enoico, servirebbe uno spazio enorme. Sarò invece breve: tutti conoscono la California, e in particolare la Napa Valley con i suoi Cabernet milionari, ma gli USA del vino sono molto di più. Oregon (grandi Pinot Noir), Washington State (ottimi Merlot e Syrah), ma anche New York e Virginia.

Una curiosità: i tanto decantati Zinfandel Californiani, simbolo dello stile “mangia e bevi” Americano, fatto di vini ipermuscolosi, concentrati, spessi, quasi solidi (da qui il termine), altro non sono che l’italianissimo Primitivo di Manduria, probabilmente importato dai nostri migranti Pugliesi (anche se un’altra teoria passa dall’Austria, ma non è questo il momento di approfondire).

Ecco fatto. TI ho raccontato, amico mio lettore, amica mia paritaria, dei principali Paesi produttori di vino al Mondo. Ma se vuoi ti aggiungo una “bonus track”:

Israele: vino tra archeologia e alta quota

In Israele si fa vino da millenni (letteralmente!), ma è chiaro che le ben note vicende politiche ne hanno spesso oscurato la visibilità. Ciò nonostante, nella zona del Golan, grazie a un’altitudine di oltre 1.000 metri, clima fresco e forti escursioni termiche, nascono splendidi Chardonnay eleganti, oltre che Cabernet Sauvignon strutturati e ottimi blend in stile bordolese.

L’azienda simbolo? Sicuramente Golan Heights Winery, pioniera della rinascita enologica israeliana, con il suo Chardonnay Yarden che in passato ho veramente bevuto a catinelle.

Chiudo con un consiglio: ogni tanto proviamoli. Non per sostituire i nostri, ma per aprire gli orizzonti. Un Malbec argentino con una costata, un Carmenère cileno con una grigliata estiva, uno Shiraz australiano accanto a un formaggio erborinato.

Il vino, dopotutto, è sempre stato un viaggiatore. Sta a noi decidere se seguirlo.

Andrea Fontana


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