6 agosto 2024

Guida definitiva alle bollicine d'Italia

 

Da un paio d’anni a questa parte, l’amico e collega di degustazione Paolo Nozza sta portando avanti un encomiabile lavoro per "utilizzare un linguaggio comune” (parole sue) quando si parla di spumanti metodo classico italiani.

Questo enorme lavoro, fatto di tante visite in cantina, giornate di approfondimento con tecnici ed enologi, degustazioni territoriali, studio e osservazione delle tecniche agronomiche ed enologiche, ci ha portato quest’anno a svolgere la prima degustazione collettiva nella storia di Slow Wine di (quasi) tutti i migliori vini spumanti prodotti in Italia.

CI siamo così ritrovati a Bra, nella sede di Slow Food, e con calma ed attenzione abbiamo assaggiato alla cieca i migliori (per noi) 67 spumanti Italiani, selezionati e scelti dalla varie commissioni locali, alle quali appunto abbiamo contribuito anche noi del Progetto Metodo Classico.

I risultati saranno raccontati minuziosamente nella nuova edizione di Slow Wine 2025 che verrà presentata il 19 ottobre a Milano, e ovviamente non li posso anticipare qui, tuttavia mi piaceva l’idea di condividere con te, amico mio lettore, amica mia paritaria, qualche considerazione di carattere generale.

Partiamo.

Come detto, quella di quest’anno è stata la prima concretizzazione di questo progetto avviato un paio d’anni fa, e sconta quindi tutte le inevitabili imprecisioni del caso.

Ad esempio, la suddivisione dei campioni ha portato questi numeri: 21 Franciacorta, 10 Trento e 10 Alta Langa, 8 San Severo, 6 Oltrepò Pavese, 4 Durello dei Monti Lessini, 3 Sorbara, 3 Alto Adige e 2 bollicine Campane. Giusta? Sbagliata? I valori in campo sono equamente rappresentati? Manca qualche vino o qualche zona imprescindibile? Io ho le mie idee, naturalmente, ma direi che per essere il primo anno il lavoro è stato molto buono, e che negli anni a venire gli inevitabili aggiustamenti lo renderanno ancora migliore.

Analizzando a posteriori la platea di etichette in degustazione, balza subito all’occhio che, nonostante ci fossere vini da vitigni autoctoni (Nero di Troia e Bombino Bianco in Puglia, Sorbara in Emilia, Durello dei Colli Lessini), e nonostante la Franciacorta fosse la zona più rappresentata, e notoriamente la Franciacorta è rinomata soprattutto per la qualità dei propri chardonnay, i vini con presenza totale o comunque maggioritaria di pinot nero erano più della metà dei campioni, segno indiscutibile della grande attitudine di quest’uva alla spumantizzazione.

Passando ai dosaggi, quasi la metà dei campioni erano dosaggio zero, una quindicina extra brut, i restanti brut. Analizzando ancora meglio la suddivisione, è emerso che i brut (cioè i vini con -in teoria- l’aggiunta maggiore di zucchero) erano concentrati soprattutto nelle zone meno “mature”, meno specializzate nella tipologia; indice che dove la tecnica di cantina è più raffinata, ma io credo soprattutto dove i vigneti sono più vocati (o comunque realizzati proprio con l’obiettivo di produrre un metodo classico), si tende a far parlare di più il terroir rispetto alla mano, a volte invasiva, dell’enologo.

Si ma, Andrea, ok p interessante, ma adesso ce li vuoi dire i risultati? Ovviamente no, l’ho già scritto in apertura, ma qualcosa ti posso anticipare.

La zona che ha ottenuto la media più alta è stata, caso strano (sono ironico), la Franciacorta. Dei cinque degustatori presenti, è risultata la migliore per due, la seconda per uno, e la terza per gli altri due.

Al secondo posto si è classificata, e questa sì è una sorpresa vera, l’Alta Langa.
Al terzo posto il Trento. A seguire Monti Lessini, Oltrepò Pavese (sob!), Sorbara, Alto Adige, Campania e in ultima posizione (e invero staccato di un bel po’) il comprensorio di San Severo (e Puglia in generale).

Venendo ai singoli vini, senza fare nomi (ne farò solo uno, tra poco), nelle prime 5 posizioni ci sono 4 Franciacorta. E nelle prime 13 (13 e non 10 per via degli ex-aequo) i Franciacorta diventano 7, poi 3 Alta Langa, 2 Trento (o meglio, due Ferrari) e un San Severo.

Ripeto le stesse domande dell’inizio: giusto? Sbagliato? I valori in campo sono equamente rappresentati? Non è questa la sede per addentrarci in queste risposte, mi sento solo di dire che la media di una zona rappresentata con pochissimi campioni (2, 3, 4, ecc.) è sicuramente meno attendibile di una zona con un numero di campioni più alto.

E poi... E poi tante altre cose si potrebbero scrivere, ma rischierei di produrre un tomo, non un articolo. Mi fermo qui, non prima di averti dato una piccolissima anticipazione: il mio preferito.

Il mio coup de coeur, il mio vino preferito in assoluto, quello che mi ha fatto sobbalzare dalla sedia e urlare: “ne voglio un secchio!" (sto ovviamente esagerando, ca va sans dire) è stato il Franciacorta Riserva Nature La Casella 2016 di Enrico Gatti. Un vino etereo e lunghissimo, con un sorso infinito, una carbonica ricca e un finale agrumato asciutto e compatto.

In conclusione, l’esperienza è stata affascinante e davvero interessante, mi auguro di poterla ripetere anche il prossimo anno, e di questo non posso che ringraziare il suo promotore e ideatore Paolo Nozza.

Andrea Fontana


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