17 settembre 2024

Vino rosso: dovremo abituarci al suo declino?

 

Ho ricevuto molti messaggi e molti commenti dopo l’articolo della settimana scorsa, che evidentemente ha raccontato una situazione che in molti appassionati di vino non conoscevano.

E come promesso proprio in chiusura di articolo, vado quest’oggi a concludere il ragionamento iniziato.

Dunque, eravamo rimasti al fatto che, negli ultimi 20 anni, in Italia (ma in realtà anche nel resto d’Europa se non addirittura del Mondo), il consumo di vino rosso è letteralmente crollato, e recentemente c’è stato il sorpasso di produzione di vini bianchi rispetto ai vini rossi.

La motivazione di questa repentina trasformazione (si, hai letto bene, repentina: perché vent’anni nel mondo del vino sono davvero pochissimi) ha molte cause, che la settimana scorsa ti ho brevemente elencato e oggi invece vediamo in maniera un poco più approfondita.

BOOM DELLE BOLLICINE

Il primo motivo, che per l’italia è forse il più preponderante, è il boom di produzione e vendita delle cosiddette bollicine. Questo termine, introdotto a metà anni ‘90 dal Consorzio di Franciacorta, e che nelle loro intenzioni doveva identificare esclusivamente gli spumanti metodo classico prodotti, appunto, nel minuscolo territorio Bresciano, ha tuttavia preso talmente piede che ormai, in Italia, viene chiamata Bollicina qualsiasi bottiglia di vino che presenti al suo interno anidride carbonica. Ma al netto di questa curiosa, ma poco significativa, questione semantica, è innegabile che negli ultimi vent’anni, le bollicine hanno davvero fatto registrare una vera e propria esplosione di vendite.

La volata, neanche dovrei dirtelo, è stata ovviamente tirata dal Prosecco, che ha ottenuto (e continua ad ottenere) un successo commerciale clamoroso, tanto che i soliti ben informati dicono che, in tutto lo Stivale, si producano un numero di bottiglie molto vicino al miliardo.

Ma non è da tralasciare neanche il tanto bistrattato ed amato/odiato Spritz. Si perché la ricetta originale dello Spritz vorrebbe che si utilizzasse proprio il Prosecco. Ma in realtà, dato anche gli enormi volumi di vendita di questa bevanda aperitiva, oggigiorno molto spesso lo Spritz viene realizzato con un qualsiasi e generico vino bianco spumantizzato Charmat. E questo canale di vendita è diventato la via di salvezza per eventuali sovrapproduzioni delle aziende, che per smaltire il vino bianco invenduto lo vanno quindi a spumantizzare e poi a declassare come generico VSQ (Vino Spumante di Qualità). Addirittura, pare che ci siano aziende che decidono preventivamente di vinificare in bianco anche le uve rosse, per poi avere la possibilità di spumantizzare il vino ottenuto e incanalarlo in questo mercato, invero tutto fuorché virtuoso.

CALO DEI CONSUMI
Al boom dei vini spumanti, ha fatto da contraltare anche un continuo e costante calo dei consumi di vino pro capite. Anche questo è un argomento già trattato più volte, ma credo che mai come in questo caso i numeri spieghino tutto: esattamente un secolo fa, nel 1923, in Italia si consumavano 112,1 litri di vino pro capite, vale a dire, malcontati, l’equivalente di una lattina di bibita al giorno.
L’anno scorso, nel 2023, si è raggiunta la cifra record (in negativo) di 27,9 litri pro capite, vale a dire l’equivalente di mezzo Crodino.
Risulta pertanto chiaro che, con un crollo così drammatico dei consumi, i vini rossi non potevano esserne esenti.

CAMBIAMENTO DEI CONSUMI DI ALCOL
Oltre a bere di meno, si beve anche diverso. Le nuove generazioni e le nuove abitudini di consumo richiedono spesso vini leggeri, leggiadri, delicati, soft.

Ad esempio, il successo di una larga fetta di mercato del consumo fuoricasa prodotto dagli All You Can Eat cino-giapoponesi, dai fast-food, dagli healty-food (poke, kebab, hamburgerie, indiano, ecc.), ha totalmente escluso il vino rosso dalla propria offerta (ti ci vedi a mangiare un nighiri sorseggiando Barolo? O un poke al salmone accompagnato da un Aglianico?). Il fenomeno è ormai di grandi dimensioni, e la sua crescita sembra non arrestarsi mai.

DRY JANUARY E ALTRE DIAVOLERIE SIMILI

Come se tutto questo non fosse già abbastanza, ci si mettono anche gli inglesi a ostacolarci. Scherzo naturalmente, ma neanche troppo. Mi riferisco, ad esempio, al Dry January, questa campagna promossa (e brevettata) dall’associazione Alcohol Change UK dal 2013, in cui ci si impegna a non bere alcol per tutto il mese di gennaio. La sua popolarità cresce ogni anno (si stimano già diverse milioni di persone che aderiscono all’iniziativa) e, ovviamente, crescono anche le imitazioni e le trasposizioni (dry week -no alcol dal lunedì al venerdì- dry spring -no alcol per un’intera stagione-, ecc.).

FRENESIA E IMMEDIATEZZA DELLA VITA ATTUALE

Questo è un aspetto per certi versi legato al cambiamento dei consumi di alcol: la frenesia del mondo moderno ci spinge a privilegiare vini più immediati e poco strutturati. Il pasto frugale, l'aperitivo in piedi, lo spuntino dopo il calcetto (o il paddle) non ci danno fisicamente il tempo di aspettare un grande vino rosso, di coglierne le sfumature, i cambiamenti che attraversa nel bicchiere, l’evoluzione data dal contatto con l’ossigeno.

Insomma: metti insieme tutti questi fattori, e molti altri che per brevità non ho elencato, ed ecco spiegato, amico mio lettore, amica mia paritaria, perché il vino rosso Italiano sta attraversando il momento più difficile della sua storia. Una storia centenaria, fatta di grandi imprese, personalità lungimiranti ed eccellenti prodotti, che spero vivamente non rimanga impressa solo nella mente dei vecchi e inguaribili romantici come me.

Andrea Fontana


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