5 novembre 2024

Veneto: qualità e quantità

 

Ho già parlato più volte in questa nostra rubrica di uno dei vini rossi Italiani più significativi ed apprezzati: l’Amarone della Valpolicella. Epperò non ho mai affrontato compiutamente tutta la produzione vinicola di una delle regioni che maggiormente confinano con la Lombardia, il Veneto, che si interseca e intreccia i propri destini con noi lombardi sia nel nord della regione, a ridosso del lago di Garda, sia nel sud con i nostri cugini di Mantova.

Colmiamo oggi questa lacuna quindi, e perciò prendiamo armi e bagagli, avviamo il motore della nostra automobile, entriamo in autostrada a Cremona in direzione Nord e, dopo un breve pezzo di A21, immettiamoci in A4 verso est e andiamo a conoscere le principali produzioni vinicole del Veneto, cuore del dinamico Nord-Est Italiano.

La prima provincia che incontriamo è quella di Verona, dove si trova la zona vinicola più importante della regione, la già citata Valpolicella, cioè tutta la valle che sovrasta la città di Giulietta e Romeo. Qui, a differenza della maggior parte delle altre realtà produttive venete, si allevano uve autoctone fin dalla notte dei tempi, con la Corvina a farla da padrone, seguita a ruota da Rondinella, Molinara, Negrara e Corvinone. Da queste uve hanno origine i due vini rossi più importanti della zona, e della regione stessa, e cioè Valpolicella e soprattutto Amarone.

Nonostante la sua storia antichissima, la Valpolicella è un vino che negli ultimi tempi fatica a trovare una propria identità, sospesa tra le tipologie Classica, Superiore e Ripasso che danno, di fatto, tre vini molto diversi tra loro.

Discorso diametralmente opposto invece per l’Amarone, vino faro della denominazione e del territorio. Prodotto con lo stesso uvaggio del Valpolicella, ottenuto da uve parzialmente appassite, l’Amarone abbisogna di almeno tre anni di invecchiamento in botte prima di venire commercializzato. Il vino che ne risulta è potente, alcolico (minimo 14° da disciplinare), caldo, complesso e assolutamente unico nel suo genere. Ha una grandissima capacità di invecchiamento e in un'ipotetica classifica lo si può tranquillamente posizionare sul gradino più basso del podio dei vini rossi più importanti d’Italia, preceduto solo dai più famosi e quotati Barolo e Brunello (in quale ordine, lo lascio a te decidere).

Ma in provincia di Verona non esiste solo la Valpolicella, troviamo infatti anche Bardolino (già incontrato in un mio precedente articolo), Custoza, con l’omonimo vino bianco da uve Garganega e Cortese, Lugana (già visto nell’articolo dedicato), una piccola parte della doc interregionale Valdadige (a nord della provincia al confine con il Trentino) ma soprattutto il Soave, il vino bianco Veneto per eccellenza.

In passato l’unico vero portabandiera dell’enologia veneta (da solo rappresenta circa il 25% dell’intera produzione regionale), il Soave è stato per molto tempo uno dei pochissimi vini bianchi Italiani (assieme a Frascati e Orvieto) ad essere conosciuto all’estero, peraltro in versioni non memorabili. Prodotto nella zona a est di Verona (con epicentro nel comune omonimo) con uve Garganega e/o Trebbiano di Soave, è un vino che oggi, specie nelle versione leggermente passate in legno, dimostra buone capacità di invecchiamento e complessità aromatiche difficilmente immaginabili solo pochi anni fa.

Continuiamo il nostro tragitto sull’A4 verso est e arriviamo in provincia di Vicenza. Qui le denominazioni si sprecano: si parte dai Colli Berici a sud del capoluogo (uve principali le internazionali Cabernet, Merlot, Chardonnay e Pinot Bianco, oltre ai due caratteristici Tai Bianco -nome locale del Tocai Friulano- e Tai Rosso -clone locale di Cannonau) e si prosegue con Gambellara (uva Garganega; molto apprezzato è il Vin Santo di Gambellara), Durello dei Monti Lessini (zona spumantistica appannaggio dell’uva autoctona Durella) e soprattutto Breganze a nord della regione. Quest’ultimo, oltre ad avere i classici vitigni internazionali di quesi tutte le altre zone vinicole venete (Valpolicella esclusa), è conosciuto soprattutto per il Torcolato, vino dolce ottenuto da uva Vespaiola, di grande tradizione e ottima beva.

A questo punto possiamo proseguire verso sud fino a Padova oppure virare verso nord per Treviso. Nel primo caso, andremo ad incontrare i Colli Euganei prima, e la Riviera del Brenta poi, dove troveremo ancora più o meno le stesse uve delle altre zone appena elencate.

Nel secondo caso, invece, ci dirigiamo verso il comprensorio vinicolo diventato in pochi anni il più significativo del Veneto: Valdobbiadene. Culla del famosissimo Prosecco, ormai diventato sinonimo di “bollicine Italiane”, Valdobbiadene è in realtà la punta dell’iceberg di una denominazione (Prosecco appunto) che presenta numerose tipologie e più di una contraddizione. A cominciare proprio dalla parola Prosecco, che in passato indicava gli spumanti metodo Charmat prodotti in collina attorno ai tre epicentri Conegliano, Valdobbiadene e Asolo; e oggi invece quello che noi conosciamo come Prosecco è, al contrario, un vino prodotto in pianura in tutte le province del Veneto (ad eccezione di Verona) e del Friuli. Questo vino è diventato sinonimo di basso prezzo e bassa qualità, e deve tutta la sua enorme diffusione (i dati ufficiali dicono 500 milioni di bottiglie prodotte, i dati reali sembrano indicarne almeno il doppio) esclusivamente al basso prezzo. Per questo motivo, i tre già citati comprensori collinari hanno tolto la parola Prosecco dal proprio disciplinare di produzione (e si sono inventati il nome “glera” da affibbiare all’uva) mettendo l’accento esclusivamente sul territorio (e abbiamo così le docg Conegliano-Valdobbiadene Superiore e Asolo Superiore), cercando di compiere una risalita di immagine e di posizionamento di mercato tanto faticosa quanto ancora ben lungi dall’essere realizzata.

Chiudiamo questo nostro viaggio nella patria dei canali e dei campanili citando le ultime denominazioni di pianura che incontriamo nel nostro viaggio verso la Serenissima: Piave, Lison Pramaggiore e in ultima la neonata doc Venezia, da cui hanno origine svariate decine di milioni di bottiglie di un non indimenticabile Pinot Grigio.

Andrea Fontana


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