Dal vino contadino a quello commerciale (35)
L’apprezzato coccodrillo di un paio di settimane fa in ricordo di Franco Ziliani e Lino Maga, ha scoperchiato il vaso di pandora legato ai vari modi e metodi di produrre vino. Con oggi prende quindi avvio un mini percorso che tenterà di illustrare, brevemente e sommariamente, i principali sistemi di produzione possibili: produttori convenzionali, viticoltura biologica, viticoltura biodinamica, e infine i cosiddetti produttori “naturali”.
Facciamo un velocissimo riassunto: all’incirca dalla metà degli anni ‘60 del secolo scorso, la viticoltura e la produzione vinicola Italiana subiscono una rapida trasformazione, e si passa in brevissimo tempo dal cosiddetto vino del contadino a quello che io, probabilmente erroneamente -ma non ho ancora trovato un termine che mi soddisfi di più- chiamo vino commerciale.
Facciamo un altro passettino indietro: la storia del vino è fortemente legata alla storia dell’umanità, e la vite ha accompagnato l’uomo in tutte le sue migrazioni e periodi storici. Questo perché la grande fortuna del vino è che, detto rozzamente, è una bevanda che si fa da sé: la vite, come maggior parte delle piante da frutto, non richiede particolari attenzioni agronomiche (o almeno non le richiede se ci si accontenta”di quanto la stagione e la natura ti danno); quando il grappolo è maturo lo si raccoglie, lo si pigia, e se si lascia tutto in un unico recipiente (mosto e vinaccia) ad un certo punto questo liquido inizia letteralmente a bollire (cioè a fare le bolle, segno che è iniziata la fermentazione alcolica); ad un certo punto questo bollore smette, si travasa il tutto per separare la parte liquida dalla parte solida, si aspetta qualche settimana et voilà: il vino è fatto. E tutto sommato l’intervento dell’uomo è stato minimo. Ecco, questo è quello che in gergo io definisco vino del contadino e probabilmente è come hai sempre visto fare a tuo nonno o tuo papà il vino. Ed è pure possibile che tu gliene abbia visto anche consumare grandi quantità.
Ebbene, come già ho scritto anche la scorsa settimana, gli anni del boom economico hanno letteralmente rivoluzionato la nostra società, sia a livello di abitudini che di stili di vita e anche e soprattutto di consumi. In quegli anni il vino perde il suo ruolo di alimento base della dieta povera di campagna e diventa bevanda di piacere che accompagna le occasioni mondane, i momenti di svago, gli avvenimenti speciali. Ed utilizzare per queste occasioni di consumo un vino del contadino non è sicuramente l’ideale, nè per caratteristiche organolettiche, nè per caratteristiche qualitative. Ecco allora che il progresso tecnologico e scientifico comincia ad introdurre nei metodi di produzione tutta una serie di interventi e attrezzature che ne migliorano e perfezionano la qualità.
Controllo delle temperature di fermentazione, gestione della macerazione, sistemi idraulici di travaso e filtrazione; utilizzo di recipienti in acciaio inox; miglioramento delle condizioni igienico sanitarie delle cantina, additivi e stabilizzanti enologici, utilizzo di lieviti selezionati, correttori di acidità, tannino, azoto; utilizzo di metabisolfito di potassio, acido tartarico, mosto rettificato concentrato: sono talmente tante le opzioni che la tecnologia e la chimica ci offrono che è impossibile elencarle tutte.
Questo progresso ha portato alla produzione di vini più puliti, precisi, organoletticamente stabili, dal gusto raffinato, con maggiore concentrazione e alcolicità. In altre parole, quelli che prima ho definito vini commerciali.
Ma forse vale la pena spiegare perché utilizzo questa definizione. Il passaggio di una produzione artigianale, quasi dilettantistica, ad una più precisa, professionale e tecnicamente consapevole, è stato indispensabile per permettere alle aziende vinicole di produrre vini che potessero affacciarsi sui mercati locali e nazionali e che, sarà venale ma anche intrinsecamente necessario, garantissero a chi li produceva uno stipendio ogni mese, ogni vendemmia, ogni annata.
Insomma: se vuoi proporti nel mercato con un prodotto, è necessario che questo prodotto ci sia ogni anno e che, al netto delle differenze delle singole annate, abbia delle caratteristiche minime di coerenza e qualità. Solo producendo in questo modo è stato possibile, per la stragrande maggioranza delle aziende vinicole, commerciare (cioè vendere) il proprio vino. E da qui la mia definizione di vino commerciale, cioè fatto per essere venduto.
Dopo decenni di affermazione e di successo di questi ottimi vini, in un recente passato è iniziato un processo inverso, che ha portato sempre più produttori a chiedersi se si può fare a meno di un po' di questa tecnologia e chimica, a scapito di una maggiore “libertà” e imprevedibilità della natura. E così, accanto a questi produttori, che in gergo vengono definiti convenzionali, sono nate nuove realtà e nuove correnti di pensiero, che privilegiano altre caratteristiche rispetto alle leggi del mercato, e di loro ci occuperemo fra sette giorni.
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