Di legno, cemento, acciaio, ceramica e altre storie (63)
Se sei un amante dei vini e frequenti spesso cantine, enoteche, serate degustative, avrai notato che negli ultimi anni le schede tecniche dei vini sono diventate sempre più lunghe e complesse.
Se invece sei un semplice appassionato senza troppa esperienza sul campo, è probabile che ti stia domandando cosa diamine è una scheda tecnica.
Lascia che te lo spieghi.
La scheda tecnica di un vino potremmo definirla come la sua carta d’identità.
Ti racconta tutti i passaggi tecnici che sono stati svolti per passare dal grappolo alla bottiglia.
Ti dice con quale uva è prodotto, quanta resa vi è stata, com’è stata svolta la fermentazione (o le fermentazioni in caso ve ne siano più di una), come, quanto e dove è avvenuto l’affinamento.
In altre parole, la scheda tecnica di un vino fornisce informazioni preziose sulle caratteristiche organolettiche che il vino ha (o dovrebbe avere) quando lo assaggiamo.
Eh si perché ogni scelta attuata dal vignaiolo influisce notevolmente sulle caratteristiche che ci ritroveremo nel bicchiere, e quella inerente al tipo di recipiente dove svolgere la fermentazione o l’affinamento è una di quelle più impattanti.
Perciò, scendiamo nel concreto e diamo un’occhiata ai principali recipienti utilizzati per la fermentazione e il successivo affinamento del vino.
Al netto al netto delle scelte operate in vigna che abbiamo già visto nelle scorse settimane (densità del vigneto, quantità di uva prodotta per pianta, ecc.), di norma la fermentazione alcolica viene fatta svolgere in autoclavi di acciaio, sia perché decisamente igieniche (possono essere lavate e sterilizzate facilmente tra un utilizzo e l’altro), sia perché consentono il controllo della temperatura, fondamentale per lo svolgimento e l’arresto dell’azione dei lieviti. Un vino realizzato e affinato in acciaio presenta solitamente i cosiddetti “primari” o “varietali”, cioè gli aromi e i profumi intrinsechi del vitigno.
Tuttavia l’acciaio non è l’unico recipiente dentro il quale si può svolgere la fermentazione. In passato ad esempio erano molto utilizzate anche le vasche di cemento, sovente (ma non sempre) rivestite di vetroresina. La comodità di queste vasche, che ultimamente sono tornate prepotentemente in auge, sta nel fatto che possono essere costruite e posizionate ad hoc in ogni cantina, ottimizzando così gli spazi di lavoro, e che lo strato di cemento funge da coibentatore naturale, garantendo una temperatura al suo interno pressoché costante, senza nessun costo energivoro (e di questi tempi sappiamo tutti quanto ciò sia importante). Anche in questo caso il vino ottenuto è focalizzato sui profumi primari, con qualche cenno terroso/minerale se la vasca non ha il rivestimento in vetroresina.
Ma il materiale più nobile e ricco di fascino utilizzato per l’affinamento dei vini, e spesso anche per le fermentazioni, è indubbiamente il legno. Legno che è consuetudine suddividere in legno piccolo e legno grande.
Le botti grandi di legno sono le più antiche, storiche e conosciute. Vanno dai 10 ettolitri in su, fino ai 40-50 (vale a dire 4000-5000 litri) e sono realizzate in quercia (soprattutto rovere) ma anche in castagno, acacia, ciliegio, ecc. L’impronta che donano al vino è spesso modesta, essendo utilizzate per molti anni e avendo un rapporto superficie/litri molto basso, ma comunque presente: principalmente arrotondano il palato e smorzano i tannini, ma non è raro sentire affiorare note di frutta secca, cassettone della nonna e caramello.
Il legno piccolo, invece, che va dai 225 litri della famosissima barrique fino ai 10 ettolitri del tonneau, è in assoluto il recipiente più invasivo e impregnante che esiste. Avendo un rapporto superficie del legno/litri di vino molto alto, dona infatti caratteristiche ben precise e facilmente individuabili: vaniglia, tostatura, tabacco, cacao, ecc. Inoltre, proprio per sua caratteristica, un legno piccolo effettua pochissimi passaggi, di norma non più di 4-6, e poi viene dismesso.
Infine, diamo anche una rapida occhiata al più antico materiale utilizzato in passato per la conservazione del vino, che oggi sta vivendo una seconda giovinezza ed è il prediletto di una nutrita schiera di produttori, per lo più i naturali o poco interventisti, e che meriterebbe un articolo ad hoc, che magari un giorno scriverò. Sto parlando naturalmente della terracotta e delle ormai famose anfore, che vengono utilizzate per fermentare e maturare numerose tipologie di vino, per lo più i bianchi macerati della zona di Oslavia (Gorizia) ma che vengono utilizzate anche da numerosi altri produttori in giro per la penisola. Esistono fondamentalmente tre scuole di anfore di terracotta (Georgiana, Spagnola e Italiana) e il loro utilizzo è tornato in auge perché permette di fermentare e affinare i vini al suo interno (senza bisogno di travasi da una vasca all’altra) e perché la porosità della terracotta consente un micro-scambio di ossigeno ottimale per la maturazione del vino.
Ecco, in breve, i principali recipienti utilizzati per produrre la bevanda a noi tanto cara. Il consiglio è sempre lo stesso, amico mio lettore, amica mia paritaria: assaggia, assapora e ascolta i vini che ne vengono realizzati e scegli il tuo preferito senza condizionamenti o preconcetti.
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