29 aprile 2022

I fattori della qualità di un vino- La vite (47)

Dopo aver visto, in maniera abbastanza approssimativa e sbrigativa, le principali pratiche agronomiche che vengono svolte in campagna per assicurare all’enologo la miglior uva possibile, siamo pronti a scendere in cantina per iniziare le procedure enologiche che trasformeranno la nostra uva in prelibato vino.

Prima però (si, lo so, non vedi l’ora: ti capisco, ma ti chiedo lo stesso di pazientare ancora una settimana) è necessario conoscere perfettamente la composizione della pianta della vite e in particolar modo del grappolo, per capire il motivo delle scelte che abbiamo compiuto finora e soprattutto di quelle che andremo a compiere d’ora in avanti.

La vite è una pianta arborea rampicante della famiglia delle Vitacee.  Essa è formata da: 

Apparato radicale

La radice della pianta. È l’organo di ancoraggio al terreno della pianta e di assorbimento dell’acqua e delle sostanze nutritive. L’apparato radicale è contenuto entro un metro di profondità (ma può arrivare anche a 6-7 metri e anche di più) e si espande lateralmente fino a 4-5 metri a seconda delle caratteristiche del terreno e della fittezza d’impianto.

A tal proposito, spingiamoci un pochino più in là. Ricordi la settimana scorsa quando dicevamo che un vigneto con 1.500 ceppi per ettaro ha una produttività diversa da uno con 10.000 piante per ettaro? Ebbene, questa diversità produttiva non è solo quantitativa ma è soprattutto qualitativa. Mi spiego: in un vigneto ad alta densità, le radici sono costrette a scendere appunto in profondità per trovare sostanze nutritive, dato che quelle in superficie sono contese dalle radici delle piante vicine. In questo modo, il nutrimento della pianta è di maggior “qualità” (leggi: più sostanze minerali) e lo stesso vale ovviamente per l’uva prodotta. Nella viticoltura moderna, l’apparato radicale è costituito da vite americana (rupestris, riparia, berlandieri) su cui è innestato un tralcio o una gemma di vite vinifera.

Il fusto

Il fusto è suddiviso nel ceppo (pochi decimetri immediatamente sopra il suolo), nelle branche (le prime ramificazioni che si dipartono dal fusto) e nei tralci che sono i rami di uno o due anni, e sono quelli che ci interessano e su cui andremo a lavorare durante la potatura per decidere il sistema di allevamento da adottare

Le foglie

Le foglie che anno una fondamentale importanza nel metabolismo della pianta: grazie alla fotosintesi infatti producono zuccheri partendo da acqua e anidride carbonica. Sono un carattere diagnostico importante per il riconoscimento dei vitigni della vite coltivata, attraverso la scienza, che abbiamo già visto, denominata ampelografia.

I fiori

I fiori sono molto piccoli, di colore verdastro e raggruppati in infiorescenze a racemo. La vite

selvatica è dioica (cioè con fiori unisessuali portati da individui diversi), le varietà coltivate sono state selezionate per portare fiori ermafroditi.

Il frutto
I frutti sono delle bacche (acini) di forma e colore variabile: bianchi, gialli, viola o neri,

raggruppati in grappoli. Gli acini presentano tre componenti:

  1. L’esocarpo o buccia: spesso pruinoso, contiene numerose sostanze (acido tartarico, composti fenolici, tannini, aromi, enzimi, ecc.), ma quelle che ci interessano di più sono gli antociani e i flavoni (entrambi sostanze coloranti che determinano il colore della buccia) e i cosiddetti lieviti indigeni (lo vedremo meglio la settimana prossima);

  2. Il mesocarpo o polpa: sono cellule piene di succo da cui si ricava il mosto in cui sono contenuti zuccheri, acido tartarico, acido malico, pectine, sostanze minerali, sostanze colloidali e composti azotati;

  3. L’endocarpo formato da uno strato di cellule che delimita le logge contenenti i semi (vinaccioli).

La settimana prossima vedremo come sia la polpa (ovvio) ma anche la buccia (e questo è meno scontato) svolgono un ruolo fondamentale nella trasformazione del mosto in vino. Da un punto di vista delle caratteristiche fisiche, l’esperienza dimostra che un acino piccolo, genera vini dal sapore più intenso e concentrato; al contrario acini grossi danno vini magari eleganti ma non particolarmente concentrati nei sapori. Le bucce invece contengono la maggior parte delle sostanze aromatiche, quindi più un’uva ha una buccia spessa (per esempio il Sauvignon), maggiore è la sua aromaticità, al contrario se la buccia è sottile, il profilo aromatico del vino sarà meno complesso e sfumato.

Ora che conosciamo le varie componenti di una pianta di vite, prepariamoci finalmente ad assistere e a coadiuvare il grande miracolo della fermentazione alcolica che trasforma il mosto in vino. A tra sette giorni.

Andrea Fontana


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