8 settembre 2023

Il misterioso affinamento dei vini sott'acqua

Il mondo del vino è intriso di tradizioni e tecniche millenarie, ma ogni tanto emerge un'innovazione che cattura l'immaginazione degli enologi e degli appassionati del settore. Uno di questi sviluppi recenti che sta guadagnando sempre più attenzione è l'affinamento dei vini sott'acqua.

Questa pratica, che sembrava nata più come una boutade e una mossa di marketing, negli anni ha visto aderirvi sempre più aziende, sia in Italia che all’Estero, tanto che non si può più catalogare come un caso isolato ma bensì come una vera e propria tecnica di affinamento, che sfida le convenzioni del processo di invecchiamento tradizionale. E che naturalmente ha già un nome: underwater wine.

L'affinamento dei vini sott'acqua ha le sue radici in un'antica tradizione risalente all'epoca romana, quando si credeva che immergere il vino nel mare migliorasse il suo sapore. Addirittura sembra che i greci lasciassero le uve un paio di giorni in mare dopo la vendemmia, per purificarle ed eliminarne le impurità presenti sulla buccia.

In ogni caso, la scintilla che ha fatto scattare l'interesse dei produttori per questa pratica è scoccata soprattutto grazie ai ritrovamenti delle antiche navi mercantili affondate, che molto spesso hanno riportato alla luce vasi vinari (soprattutto anfore ma spesso anche bottiglie di vetro) dove il vino si era conservato in maniera sorprendente, dando così adito alla teoria che il vino potrebbe trarre beneficio dall'affinamento sott'acqua.

Ma come funziona e che benefici porta il processo di affinamento sott'acqua? L'affinamento sott'acqua coinvolge il posizionamento delle bottiglie di vino in apposite strutture sommerse, come gabbie o contenitori sigillati, nei fondali marini o lacustri. Il processo varia a seconda delle condizioni ambientali specifiche dell'area di immersione, ma in generale, le bottiglie rimangono sott'acqua per un periodo che può variare da alcuni mesi a diversi anni. I fattori che rendono l'affinamento sott'acqua unico sono l'oscurità, la stabilità della temperatura e la pressione costante, che influenzano il vino in modo diverso rispetto all'affinamento in cantina. Inoltre, l'assenza di ossigeno sott'acqua impedisce l'ossidazione prematura e può aiutare il vino a mantenere la sua freschezza.

Naturalmente non esistono verità assolute in merito agli effetti positivi dell'affinamento sott’acqua sulla qualità del vino; i suoi sostenitori affermano che il vino ottenuto acquisisca una maggiore complessità aromatica, con profumi marini, minerali e terrosi, che si mescolano con le note fruttate e floreali.La sensazione in bocca sembra essere più morbida e rotonda, con una migliore integrazione dei tannini.

Non sono da tralasciare poi le caratteristiche estetiche: spesso l'affinamento sott’acqua viene utilizzato per creare vini speciali, eccelsi, vini da collezione, pezzi unici. Vuoi mettere infatti, amico mio lettore, amica mia paritaria, il fascino che ha una bottiglia incrostata di mare, scolpita da elementi corallini e conchiglie?

Insomma: vere o presunte che siano queste caratteristiche, va registrato che dopo i primi, timidi, tentativi isolati, oggi sono numerose le realtà vinicole che adottano con regolarità la pratica di far affinare i propri vini sott’acqua, soprattutto gli spumanti metodo classico, e addirittura esiste un apposito sito che ne commercializza diverse espressioni: underwaterwines.com.

Il pioniere Italiano dei vini affinati sott’acqua è stato sicuramente Piero Lugano, titolare dell’azienda ligure Bisson, che nel 2009, all’interno di una gabbia metallica, immerse 6500 bottiglie di spumante Metodo Classico a una profondità di 60 metri (e una temperatura costante di 15°) lasciate lì per 26 mesi. L’esperimento riuscì benissimo e oggi, a nemmeno quindici anni di distanza, vengono immerse nei fondali di Portofino qualcosa come 30.000 bottiglie di “Abissi” (questo il nome del vino), suddivise tra Classico, Rosé e Riserva. Il costo di una bottiglia si aggira sui 40 euro, ed ogni bottiglia è unica e speciale per via delle incrostazioni che si formano.

Altre aziende Italiane conosciute che hanno seguito l’esempio di Bisson sono Tenuta Del Paguro di Brisighella, che dal 2010 affina le proprie bottiglie di Merlot, Sangiovese, Albana e Cabernet Sauvignon nel relitto di una piattaforma petrolifera al largo di Ravenna che affondò nel lontano 1965 a seguito di un incidente.

Abbiamo poi la Cantina Santa Maria La Palma nei pressi di Alghero, che produce l’Akènta Sub, un Vermentino di Sardegna spumantizzato Metodo Charmat che viene poi affinato nei fondali delle acque del Parco di Porto Conte.

Infine, in Sicilia, due importanti produttori dell’Etna, Benanti e Passopisciaro, stanno sperimentando l’affinamento sott’acqua per 4.000 bottiglie di Etna Bianco ed Etna Rosso, calate a 50 metri di profondità nell’Area Marina Protetta dell’Isola dei Ciclopi, nel comune di Aci Castello.

E attorno a noi?

Ho lasciato volutamente per ultimo l’esempio più vicino a noi. L’Agricola Vallecamonica, di Artogne (BS), dal 2016 produce il Nautilus, uno spumante Metodo Classico che svolge la rifermentazione nei fondali del lago d’Iseo, e che ha talmente convinto proprietà e clientela, tanto da spingere il suo creatore a sperimentarne una nuova versione, chiamata Adamadus, realizzata con uve Piwi e affinata sotto il ghiaccio del lago alpino d’Aviolo, ai piedi dell’Adamello.

So già cosa mi stai per chiedere: ma alla fine, questi vini, come sono? Sinceramente non ne ho mai provato uno, ma conto di colmare presto questa lacuna.

E tu, amico mio lettore, amica mia paritaria, hai mai degustato un vino affinato negli abissi marini?

Nella foto il metodo Bisson e Andrea Fontana

Andrea Fontana


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Patrizia Signorini

8 settembre 2023 18:20

E all'Elba c'è che chi mette nel mare direttamente i grappoli....

Andrea Fontana

8 settembre 2023 19:53

Esatto Patrizia! Ed è da quel fatto che mi sono ispirato per l'articolo.