1 ottobre 2021

Il Nebbiolo delle Alpi (21)

Dopo un paio di settimane interlocutorie, in cui abbiamo divagato in argomenti più tecnici, torniamo a viaggiare e a scoprire vini e territori ricchi di fascino e di storia. E lo facciamo raccontando finalmente il più importante comprensorio viticolo lombardo per la produzione di vini rossi: la Valtellina.

Patria del leggendario Nebbiolo delle Alpi, la Valtellina presenta innumerevoli specificità che meritano di essere raccontate. Ad iniziare dalla sua particolare conformazione, che la rende l’unica valle in Italia (assieme alla Val di Sole in Trentino, dove però si coltivano mele e non vite) che si sviluppa in linea orizzontale, sull’asse est-ovest, che presenta così un versante montano interamente orientato a nord (l’Orobico) ed uno orientato a sud (il Retico, dove si trovano appunto i vigneti).

La seconda grande peculiarità è la presenza, sul versante Retico sempre, dei famosi muretti a secco, Patrimonio Immateriale dell'Unesco dal 2018. Questi muretti, costruiti centinaia di anni fa, avevano e hanno tutt’ora lo scopo di sostenere i terrazzamenti che ospitavano la vita, ma anche soprattutto di trasmettere al terreno il calore immagazzinato dai sassi colpiti dal sole, per permettere alla coltivazioni di crescere e di prosperare. Sono il frutto di millenni di duro lavoro manuale, e in Valtellina se ne stimano qualcosa come 2.500 chilometri.

Venendo alla vite, la zona di produzione del vino di Valtellina si estende per quasi 850 ettari, nella fascia del versante Retico lunga all’incirca 50 km che va da Ardenno a Tirano, passando per il capoluogo Sondrio. Le denominazioni presenti sono sostanzialmente tre:

Rosso di Valtellina: Si può ottenere in tutta la zona di produzione iscritta nel disciplinare, dai vigneti posti al di sotto dei 270 metri di altezza sul livello del mare.

Valtellina Superiore: all’interno della zona di produzione, i vigneti posti sopra i 270 metri di altezza danno vita alla denominazione di Valtellina Superiore, che può comprendere una delle cinque famose sottozone (le vediamo tra un attimo) oppure la versione Riserva.

Sforzato di Valtellina (o Sfursat): è il vino più identitario della Valtellina, il primo vino rosso passito secco d’Italia ad ottenere la DOCG nel 2003. è frutto della storica pratica di far appassire i grappoli di Nebbiolo nei fruttai, i sottotetti della case poste a ridosso dei vigneti, a cui venivano lasciate aperte le finestre per garantire il ricambio d’aria ed evitare la formazione di muffe. Lo Sforzato è un vino di potenza, calore, alcol e struttura, ma che in questi ultimi anni sta trovando una propria dimensione fatta anche di eleganza, acidità, sottigliezza.

Ma, come dicevo prima, probabilmente i vini di Valtellina più famosi sono quelli che riportano una delle cinque sottozone che si possono rivendicare in etichetta quando tutto il vino presente all’interno della bottiglia è ottenuto da uva coltivata esclusivamente in una di queste sottozone.

Partendo da ovest e procedendo verso est, quindi in senso opposto allo scorrere del fiume Adda, troviamo:

Maroggia: l’ultima delle sottozone ad essere riconosciuta (nel 2002) e la più piccola fra tutte, appena 25 ettari vitati, si trova all’inizio della zona di produzione, staccata dalle altre

Sassella: probabilmente la più storica e famosa, anche se non la più ampia, che si estende tra il comune di Castione Ardevenno e la città di Sondrio. Deve il suo nome al santuario dedicato alla Madonna omonima, e il richiamo ai sassi dei muretti a secco è evidente.

Grumello: Zona adiacente alla Sassella che si estende nei dintorni dell’omonimo castello (o di quello che vi rimane), 80 ettari vitati con all’interno l’area pregiata denominata Dossi Salati.

Inferno: altra sottozona famosissima, adiacente a Grumello, di 55 ettari vitati, che deve il suo nome al paesaggio brullo e alle temperature mediamente più alte rispetto alle altre zone.

Valgella: la sottozona più ampia, a est, staccata dal trittico Sassella-Grumello-Inferno, di ben 140 ettari vitati.Inizia a Chiuro e prosegue fino a Teglio, ed è caratterizzata dalla presenza di numerosi piccoli torrenti, chiamati appunto valgel in dialetto locale.

Al netto di tutte le differenze derivanti da altimetria, sottozona e metodo di produzione, il comune denominatore della Valtellina è l’uva Nebbiolo, probabilmente il più importante patrimonio ampelografico italiano.

Localmente chiamato Chiavennasca (da Val Chiavenna, valle adiacente la Valtellina), il cosiddetto Nebbiolo delle Alpi origina vini di grandissima eleganza, longevità, struttura, maturità. Dopo decenni in cui i vini hanno faticato ad uscire dal consumo locale, oggi la Valtellina è finalmente riconosciuta per la grande qualità che contraddistingue la maggior parte dei suoi prodotti, tanto da essere equiparati con i più famosi cugini di Langa (Barolo e Barbaresco).

La settimana prossima faremo un piccolo riassunto di questi primi sei mesi di viaggio e ti racconterò, amico mio lettore, amica mia paritaria, perché nonostante la Lombardia sia una regione prevalentemente industriale e produca poco più dell’1% del vino italiano, io la consideri una regione di grande importanza e interesse anche enologico.

Andrea Fontana


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