Il Venerdì Santo e il ruolo della religione nella produzione vinicola (45)
Oggi è Venerdì Santo, sicuramente un giorno importante per tutti i credenti.
Senza addentrarmi in argomenti rispetto ai quali non ho competenze specifiche, vorrei oggi raccontarti, amico mio lettore, amica mia paritaria, dell'importantissimo ruolo che la religione, e le dottrine cristiane in particolare, ha nella storia del vino.
Quando illustro ai miei studenti la storia del vino (sommaria, ovviamente), esordisco sempre affermando che “la vite ha accompagnato l’uomo in tutte le sue migrazioni storiche”. A partire quindi dai Sumeri, ai Fenici, gli Egizi, i Greci e, infine, i Romani: ogni popolo ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione, conservazione e perfezionamento della produzione del vino.
Questo perché il vino ha una grande fortuna: fondamentalmente, è una bevanda che si fa da sé. Almeno a livello “casalingo”. Basta infatti “spremere” gli acini di un grappolo d’uva (pratica che in gergo si chiama pigiatura), aspettare un po’ che il liquido ottenuto (che si chiama mosto) inizi a “bollire” (tecnicamente fermentare), aspettare che smetta, separarlo dalle sostanze solide precipitate (tradotto: travasarlo dalle fecce), aspettare ancora un po', et voilà, il gioco è fatto, ed il vino è pronto.
Ed è infatti probabile che il vino sia nato proprio così, a seguito di una fermentazione spontanea causata da uno schiacciamento accidentale di qualche grappolo d'uva durante il trasporto dalla vigna alla propria dimora.
La vite, poi, è una pianta che non richiede particolari attenzioni (come la maggior parte delle piante da frutto): non deve essere irrigata, anche se non trattata ha una buona resistenza alla maggior parte dei parassiti, non teme le graminacee. Insomma: con il minimo sforzo si è sempre ottenuta una bevanda piacevole e anche un po' inebriante, ragion per cui l’uomo ha sempre portato con sé alcune piantine di vite quando si spostava nelle sue migrazioni.
Basta quindi seguire queste migrazioni per ricostruire il percorso che ha fatto la coltivazione della vite: dalla Mesopotamia all’Egitto, dalla Grecia all’Italia (che non a caso in passato si chiamava Enotria = terra del vino) e poi, grazie all’Impero Romano, in tutta l’Europa. In tutti questi secoli la viticoltura ha attraversato periodi fiorenti e di grande espansione, narrati anche dai più grandi storici e scrittori delle varie epoche.
Poi il discioglimento dell'Impero Romano e l’inizio del periodo storico Medioevale hanno cambiato, e di molto, la storia. Com’è noto, il Medioevo fu caratterizzato da una condizione socio-economica di grande incertezza e recessione (basti pensare alle invasioni barbariche e alle loro disastrose conseguenze) e la coltura della vite, ovviamente, non si sottrasse a questo quadro desolante.
Ed eccoci arrivati al dunque: se in questo periodo buio, la coltivazione della vite non è scomparsa del tutto ed è sopravvissuta, il merito è principalmente della religione cattolica e delle altre dottrine cristiane, che contemplano l’utilizzo del vino nei principali riti religiosi, e ne hanno così conservato la sua coltura e produzione.
I monasteri e le abbazie erano strutture architettonicamente chiuse e cinte da mura, che oltre ad usufruire di una sorta di esenzione dal pagamento dei dazi (venivano definiti "corti franche", da cui si pensa sia nato anche il termine Franciacorta, dove ve ne erano molti) potevano così proteggere le loro colture, in cui era sempre presente la vite.
Non solo: nel corso dei secoli i vari monaci e abati che si sono occupati della produzione del vino hanno potuto dedicarcisi anima e corpo, perfezionando così pratiche colturali e tecniche di cantina e dando un fondamentale contributo alla nascita di molti vini anche blasonati (il riferimento al monaco benedettino Dom Pierre Pérignon, considerato universalmente l’inventore dello Champagne, è evidente).
Ad ogni modo, grazie a questa "protezione" da parte del clero, la coltivazione della vite e la produzione del vino ha passato quasi indenne le epoche buie della storia dell'uomo, ed ha potuto così arrivare fino a noi.
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