26 novembre 2021

La Barbera è femmina (29)

Ieri è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, e ho pensato allora di cogliere l’occasione per parlarvi di un grande vitigno autoctono italiano, che come diceva l’irraggiungibile GIno Veronelli, “è femmina”: la Barbera.

La Barbera ha vissuto alterne fortune nella sua storia, ma oggi è finalmente e unanimemente considerata uno dei più grandi vitigni italiani. Originaria del Monferrato (già nel 1495 Pier de Crescenzi la cita con il nome di Grisola) è oggi diffusa in molte zone d’Italia, conservando in Piemonte, e in particolare nel Monferrato e l’Astigiano, il primato di vitigno più coltivato, superata in Italia solo dall’onnipresente Sangiovese.

In passato la sua fortuna fu di essere un vitigno che garantiva una produzione costante e abbondante, tanto che spesso veniva scelta per reimpiantare i vigneti colpiti dall’epidemia di fillossera di fine XIX secolo. Questa sua abbondanza di produzione le ha così garantito la sopravvivenza al terribile insetto fitofago americano, ma al tempo stesso l’ha condannata alla nomea di vino semplice, quotidiano, di poca importanza e significato.

Per decine di anni, la Barbera è stata l’uva impiegata per la produzione dei vini sfusi che venivano consumati, spesso mischiati con acqua, o spuma o altro, nelle osterie e nelle case contadine di mezza Italia, provincia di Cremona compresa.

L’apice (si fa per dire) della sua cattiva fama ha coinciso con la tragica stagione del vino al metanolo, che ha visto la Barbera inconsapevole protagonista dell’adulterazione effettuata dai produttori piemontesi poi condannati per la gravissima truffa che ha causato 23 decessi e parecchie decine di gravi lesioni personali. Il colpo dato al mondo del vino da quello scandalo fu tremendo (le esportazioni di vino Italiano subirono un tracollo del 37%) ma per fortuna della Barbera proprio in quegli anni la ruota iniziò a girare, e una geniale intuizione avrebbe cambiato per sempre la sua storia.

L’intuizione fu del grande Giacomo Bologna, produttore di Rocchetta Tanaro, che “imbeccato” dal solito Luigi Veronelli prese una decisione apparentemente semplice ma in realtà rivoluzionaria: provare a vinificare il vitigno da sempre considerato più di scarsa qualità, la Barbera appunto, in barrique nuove, cioè nel contenitore più pregiato e costoso presente in cantina. Naturalmente a questa intuizione venne associata una ragionata e più mirata gestione agronomica (basse rese, potatura verde, maggior fittezza d’impianto, ecc.), ma nell’immaginario collettivo è questo ciò che ha fatto Braida (soprannome di Giacomo Bologna - da un antico gioco a palla del monferrato - e nome della sua azienda): inventare la Barbera in Barrique. E fu subito un trionfo. Nel 1984 era uscita la prima annata del celeberrimo Bricco dell’Uccellone, etichetta iconica che segna la rinascita della Barbera. L’Uccellone in questione in realtà era una donna, sempre vestita di scuro e, pare, additata dagli abitanti del paese astigiano di portare sfortuna (n’uselòon diremmo in dialetto cremonese), che abitava sulla sommità della collina (cioè il bricco) dov’è impiantato il vigneto da cui si ottiene questo vino.

Da quel giorno, come già detto, la storia della Barbera è profondamente cambiata. Sempre in casa Braida, dopo il Bricco dell’Uccellone fu la volta del Bricco della Bigotta (la leggenda narra che questo nome fu scelto su suggerimento di un cardinale, che raccontava come in Vaticano il nome Bricco dell’Uccellone, vino molto apprezzato, provocava sempre

imbarazzi) e dell’Ai Suma. Via via, tutte le più importanti aziende astigiane inserirono una Barbera importante vinificata in barrique a catalogo, prologo alla creazione di una denominazione esclusiva e autorevole per la Barbera d’Asti: il Nizza DOCG (che, curiosamente, deve essere declinato al maschile). E anche se, per il momento, Rocchetta Tanaro non rientra nei 18 comuni previsti nel disciplinare di produzione, è indubbio che l'intuizione di GIacomo Bologna ha cambiato le sorti di questo importantissimo vitigno e ha permesso a noi consumatori di godere di un vino di straordinaria qualità e di grande paicevolezza.

Andrea Fontana


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