19 novembre 2021

Le fermentazioni (28)

Ci eravamo lasciati qualche settimana fa parlando e sfatando alcuni miti (sbagliati) sul mondo del vino. Uno di questi riguardava la differenza e la consuetudine di vinificare alcune uve in versione ferma (cioè come l’acqua naturale) o frizzante (cioè come l’acqua gassata). Mi ero ripromesso di ritornarci e approfondire la questione in un appuntamento successivo, e quell’appuntamento è arrivato oggi.

Ancora oggi non è raro, infatti, nelle osterie e trattorie Cremonesi, assistere a conversazioni dove si asserisce che il tal vino (alcuni esempi: Gutturnio, Bonarda, Barbera, Malvasia, Prosecco, Chardonnay, Pinot Grigio, ecc.) esista solo esclusivamente frizzante, quasi a sottintendere che l’anidride carbonica (CO2) sia contenuta naturalmente all’interno dell’acido.

Non è così, e per capirlo meglio forse è giusto affrontare brevemente il complesso mondo delle fermentazioni. Iniziamo dal principio: da quasi sette mesi ti sto raccontando storie, aneddoti, zone e curiosità dal mondo del vino, ma che cos’è il vino? Se ti chiedessi una definizione della parola “vino”, cosa mi risponderesti?

Ne esistono moltissime di definizioni, alcune più scientifiche con paroloni incomprensibili (“il vino è una soluzione idroalcolica di oltre 300 micro e macro elementi ecc.....”), altre più semplicistiche e non propriamente esatte (tipo “succo d’uva alcolico”). Quella che prediligo io è: <il vino è il prodotto della fermentazione del frutto della vite vinifera>. Mi piace perchè in sole sei parole sono espressi tutti i concetti basilari: il vino si può ottenere solo dall’uva, ma dall’uva di piante della famiglia della vite vinifera e non di altre famiglie (ecco perché, ad esempio, il fragolino e il clinto sono illegali: perché sono ottenuti da uva non di vite vinifera); il vino viene realizzato attraverso un processo chimico chiamato fermentazione alcolica (che vediamo tra un attimo); il prodotto che si ottiene può essere di diverse tipologie, determinate dalla maniera in cui si effettua la fermentazione, e anche questo lo vediamo tra un attimo.

Scendiamo dunque nel concreto: una volta raccolta l’uva (vendemmia), la si trasporta in cantina e la si travasa in un macchinario chiamato pigiadiraspatrice, che ha il compito di separare l’acino dai raspi (cioè dallo “scheletro” del grappolo) e successivamente di pigiarlo. Il mosto ottenuto (così si chiama questo liquido, che non è ancora vino) viene trasferito nelle vasche di fermentazione dove avviene la magia. In queste vasche, appositi organismi chiamati lieviti saccaromiceti, svolgono il processo chimico denominato fermentazione: in pratica “mangiano” gli zuccheri presenti nel mosto (in particolare il saccarosio, da qui il nome) e li trasformano in moltissimi elementi, di cui i due principali sono alcol etilico e anidride carbonica.

Ora: facciamo finta per un attimo che la vasca di fermentazione sia come un'enorme pentola con relativo coperchio. Se durante la fermentazione alcolica si decide di lasciare chiuso il coperchio, l’anidride carbonica formatasi si amalgherà al vino ottenuto e, con i debiti accorgimenti, andremo a imbottigliare un vino frizzante. Viceversa, se si decide di togliere il coperchio alla pentola, l’anidride carbonica formata si dissolverà nell’ambiente, e il vino ottenuto risulterà così fermo.

E’ chiaro che il processo di fermentazione alcolica è molto più complesso di come lo sto raccontando, ma è il concetto che voglio sia chiaro: l’anidride carbonica presente nei vini frizzanti e spumanti è quella naturalmente prodotta dal processo di fermentazione alcolica e non viene aggiunta dall’esterno. TI potrà sembrare un’ovvietà, amico mio lettore, amica mia paritaria, ma ti assicuro che non è così scontato.

Ed ecco spiegato perché la frase <ma la Malvasia non è frizzante?> non ha senso. Perché con qualunque uva io posso ottenere un vino fermo o frizzante, a seconda di come tengo il coperchio quando svolgo la fermentazione alcolica.

Ma il titolo di questo pezzo parla di “fermentazioni” al plurale, quindi cos’ho dimenticato? Mi stavo dimenticando che, successivamente alla fermentazione alcolica, in primavera, quando il vino solitamente è ancora a riposare nelle vasche o nei contenitori di affinamento, in particolari condizioni climatiche (temperatura, umidità, ecc.) altri lieviti diversi dai saccaromiceti svolgono una seconda e diversa fermentazione, chiamata malolattica. In questo caso, i lieviti responsabili di questa fermentazione “mangiano” acido malico (amaro e astringente) e lo trasformano in acido lattico, ben più morbido e rotondo. Naturalmente, come ogni fermentazione che si rispetti, anche la malolattica genera sempre un po’ di CO2, e per questo motivo il vino che imbottigliate o producete in casa vostra alcuni anni è fermo e altri frizzante, perché questa seconda fermentazione non sempre si innesca in maniera automatica (i produttori di vini, al contrario, la gestiscono e decidono se riprodurre o meno le condizioni per far si che si verifichi).

Per oggi è tutto, di carne al fuoco ne ho messa fin troppa, magari in una delle prossime occasioni approfondiremo o esplicheremo meglio ciò che non è chiaro. 

Andrea Fontana


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