Le fermentazioni (48)
Ce l’abbiamo fatta.
E’ stato un lavoro lungo e minuzioso (con anche la pausa forzata della scorsa settimana, complici i lavori per la nuova edizione di Slow Wine), ma finalmente possiamo scendere in cantina e assistere la magica trasformazione dell’uva che abbiamo coltivato, in vino.
Ci eravamo lasciati due settimane fa, con l’analisi delle varie componenti della pianta della vite, e la promessa di sviscerare oggi, come queste influiscono e determinano la fermentazione. Anzi, le fermentazioni, perché in realtà sono due, ma la seconda non la vedremo perché ci interessa poco.
Ma andiamo con ordine.
Come abbiamo visto negli ultimi due mesi, in vigna abbiamo svolto tutta una serie di operazioni volte a garantire la massima qualità dell’uva che vogliamo produrre.
A questo punto arriva il periodo più frenetico, caotico, ansiogeno ma anche magico e affascinante: quello della vendemmia.
Vendemmia che si svolge seguendo rigorosamente un mantra imparato a memoria sin da piccoli e che viene ripetuto ad ogni nuova annata. Eccolo: vendemmiare al giusto grado di maturazione è il requisito fondamentale per ottenere vini di qualità.
Cosa vuol dire “giusto grado di maturazione”? Di certo non vuol dire “massimo”. Ma vuol dire idoneo all’obiettivo enologico che voglio realizzare.
Mi ripeto, sono cose che probabilmente ho già scritto nelle scorse settimane, ma è fondamentale raccogliere l’uva nel suo momento di maturazione ottimale, quando cioè le varie componenti dell’uva (zuccheri, acidi, fenoli, ecc.) hanno la concentrazione idonea per realizzare il vino che si ha in testa.
Vediamo come si svolge la fermentazione e tutto sarà più chiaro.
Una volta raccolta l’uva, la si porta in cantina e si procede alla pigiatura.
In passato il rituale della pigiatura era svolto nell’aia, in tini di legno, con i piedi. Oggi l’uva viene rovesciata nelle pigiadiraspatrici, macchine che la schiacciano dolcemente attraverso sofisticati meccanismi. In entrambi i casi si ottiene quello che in gergo si chiama mosto, vale a dire il “succo” dell’uva che fuoriesce dagli acini schiacciati.
A questo punto avviene la famosa reazione chimica chiamata fermentazione alcolica.
Questo processo chimico avviene ad opera di batteri chiamati lieviti saccaromiceti: minuscoli “animaletti” (non sono tali, ma è giusto per semplificare) che si cibano di zucchero e lo trasformano in molte altri componenti, il principale è l’alcol etilico, poi anidride carbonica, acido lattico, acetico, succinico, glicerina, ecc.)
Ma da dove vengono questi lieviti? Quanto zucchero mangiano? E in quanto alcol lo tramutano?
La risposta a tutte queste domande ci permette finalmente di mettere insieme tutti i fattori che conosciamo fino ad oggi, ed avere così un quadro generale più completo e comprensibile.
I lieviti si trovano sulla pruina, sostanza che ricopre la buccia dell’acino quando questo è maturo (è quella specie di patina che avvolge anche altri tipi di frutti: l’albicocca ad esempio, che infatti in dialetto cremonese sichiama “mugnaga”, vale a dire “del mugnaio”, il che richiama appunto la pruina che assomiglia alla farina).
Lo zucchero viene dai lieviti trasformato in alcol secondo un rapporto ben preciso, quantificato in 0,60.
Giusto per capirci, facciamo un esempio:
zucchero contenuto nel mosto 20 gr./lt. x 0,60 = 12° alc. %
Siccome sappiamo che lo zucchero contenuto all’interno dell’acino (e più in generale in ogni tipo di frutta) aumenta con l’aumentare della maturazione (e di conseguenza diminuiscono gli acidi), ecco che adesso parlare di “vendemmiare al giusto grado di maturazione” ha un significato molto più chiaro.
Se voglio produrre un vino spumante, che basa tutta la propria piacevolezza sull’acidità,la freschezza e la poca alcolicità, è normale vendemmiare l’uva attorno alla seconda metà di agosto, quando l’uva è poco matura (e quindi genererà un vino con poco alcol e molti acidi).
Viceversa se voglio produrro un vino rosso potente e alcolico, la vendemmia avviene mediamente in ottobre, quando l’uva è bella matura e può generare alcol a volontà.
E tornando alle condizioni climatiche (argomento trattato nelle precedenti settimane), come influiscono su questo processo?
Bè è molto semplice: è il calore che genera la maturazione dell’uva, ed è la maturazione dell’uva che genera lo zucchero. Pertanto, più la stagione o la zona di produzione sarà calda, più il vino che otterrò sarà alcolico.
Ecco spiegato quindi anche perché il fenomeno del surriscaldamento globale sta influendo sulla natura dei vini, che sono molto più ricchi, colorati ed alcolici che in passato.
La settimana prossima staccheremo da questi argomenti e risponderò ad un quesito che mi è stato posto da numerosi amici lettori: qual è il bicchiere più adatto per ogni tipo di vino?
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