28 gennaio 2022

Quanto può costare una bottiglia di vino? (34)

L’idea di questo articolo mi è venuta qualche giorno fa, leggendo l’editoriale di un degustatore ben più famoso del sottoscritto, che raccontava di aver trovato in un catalogo online una bottiglia di Romanée Conti 2000 alla modica cifra di 36.000 euro (iconico produttore della Borgogna: 1,8 ettari coltivati e sole 2.700 bottiglie prodotte all’anno).

Mi sono ricordato allora di tutte le volte che, in oltre 25 anni di corsi e serate degustative, prima come allievo e successivamente come insegnante, ho sentito frasi del tipo <il vino è diventato caro>, <sopra certe cifre il prezzo non è più giustificato>, <perché la bottiglia xyz costa così cara>, ecc. Da qui allora l’argomento di oggi, che credo interessi ai più: quanto può costare una bottiglia di vino?

Cominciamo subito con un distinguo importante e fondamentale: un conto è parlare di “quanto costa il vino” e un altro è spiegare “quanto costa una bottiglia di vino”. Tra queste due categorie c’è un mondo, che non si riflette solamente nel costo intrinseco del contenitore, che pure esiste e non è indifferente. Produrre una bottiglia di vino rispetto al vino sfuso, infatti, implica avere il costo del vetro, dell’etichetta, del tappo, della capsula e del cartone dove imballare la bottiglia (tutte materie prime che in quest’ultimo anno hanno avuto rincari anche oltre il 200%). Cominciamo a sparare delle cifre, consci che è una pratica affatto elegante? Spannometricamente siamo tra l’1 e i 2 euro a bottiglia. Oltre se si scelgono materiali premium (vetro più spesso, carta e filigrana più raffinate, tappi fuori misura, ecc.).

Ma, come dicevo prima, questo è il meno. Imbottigliare il vino comporta dei costi molto più importanti che vanno al di là di quelli appena elencati. Serve una catena di imbottigliamento che si deve acquistare oppure noleggiare ogni volta, e nel primo caso stiamo parlando di decine di migliaia di euro. E poi il vino in bottiglia va quasi sempre spedito (mentre quello sfuso non è raro che venga venduto in cantina, e che sia l’acquirente a venirselo a prendere), il che significa costi di trasporto e di consegna. Inoltre, affinché un cliente acquisti una bottiglia di vino, quasi sempre è necessario che esista una rete commerciale, che può essere virtuale (e quindi si hanno i costi di un sito vetrina e/o un e-commerce online e di qualcuno che li gestisca) oppure quasi sempre una presenza fisica sul territorio, vale a dire un agente di commercio che percepisce una provvigione per ogni bottiglia venduta. Ipotizziamo anche qui delle cifre? Direi che con tranquillità si raggiunge un altro 15% del prezzo della bottiglia.

Ma finora abbiamo visto quanto incidono i costi che stanno fuori da una bottiglia di vino. Vediamo adesso quelli ben più interessanti che ci sono dentro. Con una breve ma necessaria divagazione.

La rivoluzione del vino italiano, che l’ha trasformato da alimento base di una dieta povera e contadina, a bevanda di piacevolezza, è iniziata attorno agli anni ‘60 del secolo scorso. In quegli anni, la produzione vinicola era incentrata sulla quantità a scapito della qualità, e il modo migliore per ottenerla era attuare una coltivazione cosiddetta estensiva. In poche parole: 1 ettaro di terreno, 1.500 piante che producono 10 kg di uva ciascuna: totale 150 quintali di uva per ettaro.

Ma il mercato in quegli anni, come detto, inizia a cambiare: il boom economico porta abbondanza di cibo su tutte le tavole, gli zuccheri del vino non sono più un elemento fondamentale della dieta giornaliera e il vino si trasforma da alimento a bevanda di piacevolezza, che deve quindi avere caratteristiche diverse: più ricco, concentrato, appagante. E come si fa a trasformare una produzione da 150 quintali/ettaro di uva con scarsa concentrazione zuccherina (e quindi poco alcol), ad una invece più ricca e concentrata? Semplice, con una coltivazione più intensiva. Invece di 1.500 piante ne mettiamo 5.000 per ettaro (l’infittimento del sesto d’impianto porta le radici a cercare nutrimento più in profondità, dove si trovano maggiori sostanze minerali), e invece di 10 kg per pianta ne facciamo produrre solo 3 (praticando quella che in gergo si chiama vendemmia verde, cioè l’eliminazione dei grappoli non ancora maturi e di minor qualità, in modo che le sostanze nutritive delle radici vengano concentrate su pochi grappoli che saranno più ricchi e zuccherini): otterremo così ancora 150 quintali di uva per ettaro, ma con caratteristiche completamente diverse. E con costi completamente diversi. L’acquisto di 5.000 piante invece che di 1.500; le pratiche agronomiche necessarie per ottenere la produzione che desideriamo, ecc.

Credo sia chiaro adesso che il vino di oggi, soprattutto se imbottigliato, non può avere il prezzo che aveva una volta il vino che beveva mio nonno.

Certo, a questi due fattori (costi di produzione e costi di confezionamento/distribuzione) vanno aggiunte tutte le variabili di prezzo che il mercato impone: reperibilità del vino, produzione totale, reputazione del brand, reputazione della zona di produzione, ecc. Ma, indipendentemente da tutti questi fattori, puramente commerciali, è indubbio che il vino prodotto oggi ha una qualità e, di conseguenza, dei costi di produzione non paragonabili a quelli di mezzo secolo fa, e tutto sommato siamo contenti che sia così. 

Andrea Fontana


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