15 ottobre 2021

Si fa presto a dire bolla (23)

È indubbio che la tipologia di vino che negli ultimi anni ha riscosso il maggior successo produttivo sia quella degli spumanti metodo classico, le cosiddette bollicine. Se ci pensi bene, amico mio lettore, amica mia paritaria, fino a qualche anno fa il consumo degli spumanti era relegato esclusivamente alle occasioni di festa. Oggi, al contrario, è normale bere bollicine a tutto pasto e in tutte le occasioni di consumo di vino della giornata o della settimana. Questo enorme interesse e consumo dei vini spumanti ha portato pressoché tutte le zone vinicole italiane, e non solo, a produrre bollicine. Ma quali sono le zone storicamente più vocate? E quali invece le nuove zone che sembra possano avere un successo duraturo in questo nuovo fermento produttivo?

Vediamole assieme.

In Lombardia, come abbiamo già visto, abbiamo due delle zone spumantistiche italiane più significative: la Franciacorta e l'Oltrepò Pavese. Della Franciacorta sappiamo già tutto, di come Guido Berlucchi e Franco Ziliani nel 1961 abbiano creato la prima bottiglia di metodo classico della zona, etichettata appunto come "Pinot di Franciacorta". Ma molto prima, quasi un secolo prima, nel 1865, a Rocca de’ Giorgi, in Valle Scuropasso, nel cuore dell'Oltrepò Pavese, il conte Carlo Giorgi di Vistarino e l'enotecnico piemontese Carlo Gancia creano quello che viene universalmente riconosciuto come il primo metodo classico secco della storia enologica italiana. Ancora oggi, la bisnipote Ottavia Giorgi di Vistarino produce nella splendida tenuta di famiglia un'etichetta chiamata appunto 1865 in memoria della creazione del suo bisnonno.

Facciamo un altro salto temporale e spaziale: siamo a Trento e nella sua minuscola cantina di fianco al Duomo nella piazza principale della città, il giovane Giulio Ferrari nel 1902 realizza le prime 2.000 bottiglie del suo Champagne Maximum Sec Giulio Ferrari, oggi diventato mito. Si deve quindi a lui la creazione della terza grande denominazione italiana per gli spumanti metodo classico, il Trentodoc, che seppur nata solo nel 1993, racconta comunque una lunga tradizione spumantistica di queste zone, legata alla grande coltivazione dell'uva chardonnay nella collina sovrastante la capitale trentina.

Ci spostiamo ancora e questa volta approdiamo in Piemonte, nell’Astigiano e nelle Langhe, dove la tradizione spumantistica non ha di certo bisogno di presentazioni. Nomi come Gancia, Contratto, Riccadonna, Cinzano, Martini, Fontanafredda, appartengono all’immaginario collettivo delle migliaia e migliaia di bottiglie stappate durante le feste. Nel 2002, dopo un iter iniziato una dozzina di anni prima, viene istituita la doc Alta Langa, poi promossa a docg nel 2011, che disciplina e tutela lo spumante metodo classico piemontese.

A fianco di queste quattro grandi denominazioni, come dicevo in apertura, negli ultimi anni sono nati vini spumanti metodo classico in pressoché tutte le regioni d’Italia, con qualsiasi vitigno e con le interpretazioni più disparate. E con risultati tutt’altro che obbligatoriamente lusinghieri, permettimi di aggiungere.

So già cosa stai pensando: ma in tutto questo mare magnum di bollicine, del Prosecco non ne parliamo?

Bè, le quasi 600 milioni di bottiglie prodotte meritano sicuramente un approfondimento a sé, che vedremo in una delle prossime tappe del nostro viaggio da Cremona alla scoperta del vino. 

Andrea Fontana


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commenti


Signorini Patrizia

15 ottobre 2021 06:34

Grazie come sempre.
Aggiungo solo che da Poderi Colla si possono vedere piccolissime imbottigliatrici manuali portate dalla Francia da Pietro Colla nei primi del '900 con cui in Langa si fece metodo "champenois" già in quel periodo. Storie meravigliose della tradizione spumantistica italiana che tu hai perfettamente raccontato.