27 agosto 2021

Vigneti urbani (16)

Tra le tante affascinanti curiosità che popolano il mondo del vino, ce n’è una singolare e di grande interesse: la storia dei vigneti urbani.

Ohibò, cosa vuol dire questa definizione? Si tratta di vigne storiche, antiche, che sono sopravvissute al proliferare e al dilagare del tessuto urbano di quelli che una volta erano piccoli centri e ora sono diventati città. E non città qualsiasi, ma città grandi e famose come, ad esempio, Milano, Torino, Venezia, Palermo. Addirittura Parigi, dove ha sede uno dei vigneti urbani più famosi del Mondo, quello di Montmartre, ai piedi della maestosa Basilique du Sacré-Coeur, luogo di culto tra i più visitati della capitale francese.

Queste vigne storiche hanno tratti distintivi comuni: si tratta spesso di piccolissimi appezzamenti, che a volte non raggiungono nemmeno l’ettaro; sono cinte quasi sempre da muretti a secco (quelli che in Francia vengono chiamati Clos); sono sopravvissute alla cementificazione e alla crescita urbanistica della città grazie soprattutto al ruolo fondamentale del clero e della religione. Mi spiego brevemente: durante il MedioEvo, quando i popoli del Nord Europa (i cosiddetti barbari) hanno saccheggiato e messo a ferro e fuoco le campagne dei paesi Mediterranei, la coltivazione della vite si è salvata soprattutto grazie all’impiego del vino nei principali riti religiosi cattolici. Grazie a questo utilizzo, infatti, i vari monasteri, le abbazie, le confraternite religiose di vario tipo conservavano all’interno della cerchia delle proprie mura delle vigne, che servivano appunto per pcelebrare le messe. Ecco, allo stesso modo i vigneti urbani sopravvissuti fino ai nostri giorni spesso sono stati salvaguardati proprio dalle confraternite religiose alle quali appartenevano, che ne hanno così impedito l'eliminazione a favore della città.

A tutela e salvaguardia di queste unicità agricole, storiche ed enologiche, nel 2019 è nata l’UVA, l’Urban Vineyards Association, associazione italianissima (ma appellata in inglese per creare l’acronimo) che raggruppa alcuni dei vigneti urbani più conosciuti, non solo Italiani. Ne fanno parte la Vigna della Regina di Torino (il produttore Luca Balbiano ne è anche il Presidente), il già citato Clos di Montmartre di Parigi, la Vigna di Leonardo di Milano, Laguna nel Bicchiere e San Francesco della Vigna di Venezia, Senarum Vinea di Siena, Vigna del Gallo di Palermo e Clos des Canuts di Lione.

Stranamente, e veniamo così a quello che interessa più direttamente noi Cremonesi, non è associato all’UVA quello che da sempre viene definito “il vigneto urbano più grande d’Europa”, e cioè il Vigneto Pusterla. Dove siamo? A Brescia alle pendici del Colle Cidneo, sulle cui sommità sorge il famoso Castello, dove da sempre (i documenti ufficiali partono dal 1037) è presente questo vigneto cinto da mura, che in passato pare fosse patrimonio dell’adiacento monastero di Santa Giulia. Quasi quattro ettari di vigna (giusto per darvi un riferimento, il solito Clos di Montmartre di Parigi è 0,16 ettari), da sempre vanto e orgoglio della città di Brescia, che ha vissuto nella sua storia alterne fortune, e che da qualche anno sta vivendo un’importante rinascita. Dopo essere stato per alcuni anni vigneto sperimentale della Pastori, la scuola agraria superiore di Brescia, dall’inizio degli anni 2010 è stato ripreso in gestione da Maria Capretti, erede dei proprietari storici, e vinificato da Diego Lavo alla Cantrina (bella realtà gardesana a Bedizzole), fino al recentissimo acquisto (siamo nel 2020) da parte di Monte Rossa, famosa e storica azienda franciacortina, che ci si augura possa, con la propria competenza, le infrastrutture e il know-out, dare finalmente prestigio e fama a questo primato mondiale.

Ciò che caratterizza il Vigneto Pusterla, oltre alla già citata ragguardevole estensione, è di essere interamente coltivato a Invernenga, antico vitigno a bacca bianca autoctono bresciano, che le vinificazioni di Diego Lavo hanno dimostrato può dare risultati davvero interessanti e meritevoli di attenzione. Ma la cosa forse più curiosa è che ci sarebbe un altro vigneto urbano a Brescia, addirittura più grande del Vigneto Pusterla, con trascorsi storici e produttivi di grande importanza (il vino qui prodotto era osannato perfino da Luigi Veronelli): i Ronchi di Mompiano. Ma la sua storia merita sicuramente un capitolo a parte del nostro viaggio.

Andrea Fontana


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commenti


Patrizia Signorini

28 agosto 2021 12:04

Come sempre bravissimo