18 febbraio 2022

Vino e agricoltura biodinamica (37)

Oggi possiamo tranquillamente affermare che, nel bicchiere, non c’è differenza tra un vino prodotto con agricoltura biologica e uno realizzato in maniera convenzionale, e la scelta pertanto è più di natura etica che non organolettica o qualitativa.
Ma è così per tutti i modi di produrre vino? Le caratteristiche organolettiche sono uguali per tutti? No, e la settimana prossima lo vedremo meglio.

Chiudevo così sette giorni fa il racconto del metodo di produzione biologica, volutamente enigmatico e anche un po’ provocatorio. Quest'oggi è il momento quindi di parlare di un terzo metodo di coltivare la vite e produrre vino, tra i più “misteriosi” e chiacchierati: l’agricoltura biodinamica. L’argomento è complesso e sfaccettato, di non facile spiegazione.

Partiamo dalla versione breve: l’agricoltura biodinamica è un’agricoltura biologica con l’aggiunta dell’utilizzo dei preparati biodinamici (li vediamo tra poco) e che considera l‘ecosistema naturale come un tutt’uno tra la natura (materia) e la forza vitale (spirito). In cantina privilegia fermentazioni spontanee e nega l’utilizzo di alcun correttivo enologico.

Soddisfatto, amico mio lettore amica mia paritaria? No? E allora vediamo più nel dettaglio la versione lunga: l'agricoltura biodinamica è un metodo di coltura fondato sugli insegnamenti di Rudolf Steiner (1861-1925), filosofo spiritualista tedesco fondatore dell’antroposofia, la cosiddetta “scienza dello spirito”. Steiner nel giugno del 1924 tenne un ciclo di conferenze in un'azienda agricola di Koberwitz (oggi Kobierzyce, cittadina rurale polacca) dal titolo “impulsi scientifico-spirituali per lo sviluppo dell'agricoltura” e di fatto diede avvio all'agricoltura biodinamica. L’agricoltura biodinamica si basa sulla conoscenza e interpretazione delle forze terrestri e cosmiche nelle pratiche agricole. Essa mira quindi a inglobare e superare l'idea di agricoltura biologica, invitando a considerare come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso.

Le pratiche agricole legate alla biodinamica sono numerose, alcune con una inopinabile radice scientifica (ad esempio il sovescio, cioè la sepoltura di particolari piante a scopo fertilizzante e la rotazione delle colture), altre invece più “bizzarre” e per questo più soggette a critiche e discussioni, prime su tutte l'utilizzo dei cosiddetti preparati biodinamici: i due più famosi sono il "cornoletame" (chiamato anche 500), a base di letame di vacca; e il “cornosilice” (chiamato anche 501) a base di quarzo macinato. Sia il primo che il secondo devono essere preparati all’interno di un corno di vacca (non di toro), appositamente svuotato e riempito o di letame fresco ottenuto da vacche alimentate su pascoli a loro volta coltivati in regime di agricoltura biodinamica nel primo caso; o di quarzo ottenuto da cristallo di roccia, macinato finissimo e addizionato di acqua pura nel secondo; e poi sotterrato per sei mesi. Questi preparati vengono usati in piccolissime quantità, distribuiti sul terreno dopo essere stati "dinamizzati", ossia mescolati secondo un certo metodo e per un certo tempo. Esistono anche numerosi altri preparati biodinamici, se vogliamo ancora più “estremi”, sempre contrassegnati dalla sigla 500 (il 502 -capolini di Achillea raccolti in piena fioritura che vengono essiccati, posti all'interno di una vescica di cervo maschio, esposti all'aria per tutta l'estate e interrati in autunno; questo preparato e' ricco di zolfo e potassio-; il 503 -capolini di Camomilla, raccolti manualmente, che vengono essiccati, posti all'interno di un budello bovino e interrati in autunno; ricco di zolfo e calcio; il 504 -apici della pianta di Ortica in piena fioritura, che vengono interrati freschi per un intero anno senza alcun contenitore; contiene zolfo e ferro; e molti altri).

Tutti questi prodotti vengono distribuiti a concentrazioni ridottissime (si parla di 3 grammi in 50 litri d'acqua per ettaro) secondo il principio che più una sostanza è diluita (poco soluto in molto solvente), più avrebbe effetto sugli organismi con cui viene a contatto. Il principio è quindi simile a quello che sta alla base dell'omeopatia e medesime sono le contestazioni: le leggi della chimica sembrerebbero dimostrare che il prodotto finale è così diluito da non contenere più neppure una molecola della sostanza di partenza e risultare così ininfluente sulla coltura.

Al di là delle apparenze misteriose che possono provocare questi elementi, gli obiettivi dell'agricoltura biologico-dinamica (questo l'esatto e completo nome, abbreviato per comodità in biodinamica) non sono diversi da quelli dell'agricoltura biologica: mantenere la terra fertile, mantenere in buona salute le piante, accrescere la qualità dei frutti da essa ottenuti. La grande diversità sta nel fatto che il metodo biodinamico considera ogni sostanza come un binomio di materia e forza vitale.

E in cantina? Utilizzare le tecniche di vinificazione convenzionali dopo aver svolto tutto questo popò di lavoro in campagna sarebbe un controsenso. I produttori di vino biodinamico in cantina utilizzano le pratiche meno invasive possibili. Che tradotto rozzamente significa: fermentazioni spontanee con i lieviti indigeni; nessun controllo delle temperature; nessun utilizzo di alcun correttivo enologico; vini ottenuti nella stragrande maggioranza dei casi da monovitigno.

Ma in definitiva, funziona questa biodinamica? E’ solo esoterismo o ci sono prove scientifiche? E i vini ottenuti sono migliori?

Esistono molti studi pro e contro la biodinamica, facilmente accessibili sul web a chiunque volesse approfondire l’argomento, che hanno confrontato i vari metodi di coltivazione, e in alcuni casi dimostrano i reali effetti positivi che la biodinamica genera sull’ecosistema, mentre in altri li contestano. Comunque la si pensi non si può sottacere il fatto che la biodinamica è oggi un fenomeno molto diffuso e apprezzato, sia dai consumatori che dai produttori stessi, ed è quindi corretto e giusto approcciarsi ad essa senza preconcetti. Ma con la più obiettiva curiosità possibile, cercando di giudicarne i risultati attraverso la qualità del vino contenuto nel proprio bicchiere.

Andrea Fontana


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