26 maggio 2023

E' scomparso il Chiaretto bresciano!

La prima volta che ho parlato di Valtènesi è stato quasi due anni fa (leggi qui), in cui raccontavo il lento processo di sdoganamento del prodotto storico di questo territorio e la volontà del suo Consorzio di proporre un nuovo modello di vino, che potesse fare breccia in un difficile mercato come quello dei vini rosati.

In chiusura di tale pezzo, scrivevo: "(...) il prossimo passo sarà probabilmente l’abbandono del termine “Chiaretto” e la sua sostituzione con la più moderna e internazionale dicitura di “Vino Rosa” (...)".

Oggi, a distanza di due anni, posso affermare che le mie previsioni si sono avverate e venerdì scorso, quando la delegazione di Slow Wine si è recata Villa Galnica, a Puegnago del Garda, sede del Consorzio Valtènesi, per l’annuale degustazione dei campioni per la realizzazione della Guida 2024, si è trovata davanti un elenco di 53 vini rosa.

Il nome Chiaretto è quindi definitivamente scomparso dalla nomenclatura dei vini prodotti nella sponda Bresciana del Lago di Garda?

Non proprio, o per lo meno, non ancora del tutto.

Di certo è che in questi due anni di cose ne sono successe, e pure molte.

A partire dall’approvazione della modifica del disciplinare di produzione del vino Chiaretto dell’altra sponda del lago, quella Veronese, che dall’annata 2021 non rientra più nelle numerose tipologie della DOC Bardolino ma ha un proprio disciplinare di produzione, che lo definisce Chiaretto di Bardolino.

Una differenza solo di nomenclatura?

Tutt'altro, la differenza è proprio semantica.

Prima il Bardolino DOC Chiaretto era un “sottoprodotto” della DOC Bardolino. Oggi, a fronte delle oltre 10 milioni di bottiglie prodotte, che lo rendono il vino rosa numericamente più importante d’Italia, il Chiaretto di Bardolino diventa un vino che ha una sua rilevanza e riconoscibilità ben più marcate.

Non solo. Premettere la tipologia (Chiaretto) al territorio (Bardolino) è una scelta che va in controtendenza rispetto alla consuetudine recente, in cui si tende sempre a privilegiare il territorio rispetto all’uva (ad esempio noi beviamo Barolo, Barbaresco, Ghemme, Gattinara, Roero: tutti nomi di comuni o zone; non beviamo nebbiolo, benchè sia l’uva che li origina tutti), fatta per porre maggiormente l’accento sulle caratteristiche e sulla storicità del Chiaretto di questa sponda del Lago.

Di conseguenza a questa svolta (che noi condividiamo, sia chiaro), la Valtènesi ha fatto la scelta opposta, conducendo un'opera di convincimento con i propri associati per togliere la tipologia “Chiaretto” dal nome, e preservare solamente la dicitura Valtènesi.

Perché? Perchè da questa parte, a differenza del Veronese, le bottiglie prodotte sono meno di un quarto (2 milioni e mezzo) e pertanto il bacino di utenza è sufficiente a garantirne l’esaurimento anche conducendo una comunicazione che tende a porre l’accento sulle caratteristiche del territorio, differenti e non poco dall'altra sponda.

Se infatti pensiamo ai Chiaretto di Bardolino il primo ricordo che scoviamo nei nostri cassetti della memoria è quello di un vino rosa confetto, dalle caratteristiche olfattive fragranti e fruttate e dalla bocca fresca e morbida.

Viceversa, i Valtènesi sono vini dal colore molto più tenue e neutro, ed hanno nella spiccata salinità e sapidità la loro caratteristica più importante.

Per rimarcare maggiormente la differenza tra i Valtènesi ed il resto dei vini rosa Italiani, da qualche anno il Consorzio (a partire dal suo Presidente Paolo Pasini, della cantina Pasini San Giovanni) sta anche auspicando le sperimentazioni sull’affinamento e la longevità di questi vini, che già diverse aziende stanno provando a vinificare con tecniche diverse e a maturare più anni in cantina. Una sorta di versione “riserva” della tipologia, che è ancora in fase embrionale ed ha bisogno di tempo per capire in quale direzione andare (legno si o no; percentuale dei vitigni, estrazione del colore, ecc.), ma che comunque pare essere un buon punto di partenza.

Al netto di tutte queste considerazioni, come sono andate le degustazioni?

Complice un'annata davvero sfavorevole, la 2022 non ha brillato per complessità e rotondità. Molti vini sono apparsi un po’ svuotati e magri, conseguenza della siccità e dello stress idrico sofferto. Non sono mancati ovviamente i campioni che hanno generato entusiasmato e sono svettati sugli altri, in un quadro complessivo generale comunque di grande precisione tecnica e altrettanta piacevolezza di beva. I miei preferiti, non in ordine di importanza, sono stati Feudo 2022 di Feliciana, Anima 2022 di Bottenago, Rosavero 2022 e Antitesi 2021 di Avanzi, San Donino 2022 di Selva Capuzza, Valtènesi 2022 di Tenute del Garda, Micaela 2022 di Conti Thun, Rosagreen 2022 e Lettera C 2021 di Pasini San Giovanni, Roseti 2021 de Le Chiusure.

Andrea Fontana


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