30 luglio 2021

La viticoltura bergamasca (14)

Abbiamo superato ampiamente i tre mesi di rubrica settimanale e ciò nonostante non abbiamo ancora percorso interamente tutta la nostra regione.  Tra le numerose province che confinano con Cremona ce n’è una, a nord ovest, che ancora non abbiamo toccato: la provincia di Bergamo.

Conosciuta più per l’operosità delle tante maestranze che ogni mattina affollano le strade e autostrade dalle vallate fino ai cantieri delle grandi città, la provincia di Bergamo in realtà ha numerose zone collinari che ben si prestano alla coltivazione della vite. La principale e più conosciuta è la Valcalepio, zona storica di produzione vinicola, posta sud del lago d’Iseo, che si estende per circa 70 km, da Villongo sino a Carobbio, passando per Chiuduno, Grumello al Monte, Credaro, Castelli Calepio, Gandosso, Gorlago e Foresto Sparso, il punto più settentrionale. Nove comuni che rappresentano la storicità della viticoltura in Provincia di Bergamo e non solo.

Da un punto di vista legislativo, la DOC Valcalepio è stata riconosciuta nel 1976 e da quell’anno è tutelata dall’omonimo Consorzio, che dagli iniziali 22 produttori oggi ne conta più di 80. La DOC Valcalepio dagli originari nove comuni si è estesa sensibilmente, e oggi può essere prodotta in tutto io in parte il territorio amministrativo di ben 51 comuni, capoluogo compreso. I vitigni contemplati sono esclusivamente internazionali: Cabernet Sauvignon e Merlot per il Valcalepio Rosso; Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio per il Valcalepio Bianco. Nel 1993 il disciplinare ha subito una revisione ed è stata implementata la categoria Rosso Riserva (stessi vitigni del Valcalepio Rosso, con rese e affinamenti diversi) e creata ex novo la denominazione Valcalepio Moscato Passito, una sorta di “estensione” della minuscola denominazione Moscato di Scanzo, di cui parleremo un’altra volta.

Nel 2011 è nata una denominazione, la Terre di Colleoni DOC o Colleoni DOC. Tale denominazione, in parte sovrapposta alla Valcalepio ma molto più ampia (i comuni interessati sono 69) contempla 14 tipologie di vino monovitigno, le più interessanti sono il Franconia (vitigno rosso, pare, autoctono di questa zona, che sta dando interessanti risultati sia vinificato in rosso che in rosa spumante), il Moscato Giallo Passito, lo Schiava e il Manzoni Bianco.

Infine, nel 1995 e con successive modifiche (l’ultima è del 2015) vi è l’IGT Bergamasca, nelle tipologie bianco, rosso, rosato, Novello e Moscato Rosso, che copre gran parte del territorio agricolo provinciale e interessa ben 95 comuni.

La produzione totale dei vini Bergamaschi è ancora numericamente poco significativa (stando agli ultimi dati si supera di poco le 3 milioni di bottiglie), sia per ragioni geografiche che soprattutto per la tipologia di vini, prodotti principalmente con vitigni internazionali, quando nel mercato attuale la tipicità territoriale e i vitigni autoctoni ormai la fanno da padrone. Per questo motivo, alcune aziende stanno facendo interessanti sperimentazioni sia con la già citata Franconia che con il Merera, altra uva a bacca rossa da pochissimo oggetto di studio e interesse.

Venendo alle aziende, le cantine bergamasche più significative sono Pecis (San Paolo d’Argon), Biava (Scanzorosciate), Caminella (Cenate Sopra), Eligio Magri (Torre de’ Roveri), Le Corne (san Pantaleone), Medolago Albani (Trescore Balneario), Il Calepino (Castelli Calepio).

Andrea Fontana


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