21 maggio 2021

Si fa presto a dire Lambrusco (4)

Dici Lambrusco e inevitabilmente pensi all’Emilia. La scura e schiumosa vigoria del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro; la soavità chiara e aromatica del Lambrusco di Sorbara, la brillantezza rubino del Lambrusco Salamino di Santa Croce. Senza dimenticare i più generici Lambrusco di Modena e Lambrusco di Reggio Emilia.

Cinque denominazioni che hanno fatto la storia di questo prodotto per molti versi unico. Una storia che si può facilmente spiegare anche dando una rapida occhiata ai suoi numeri: 6 denominazioni, 13 varietà ampelografiche registrate nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite, 400 milioni di bottiglie prodotte, fanno del Lambrusco il vino rosso italiano più prodotto e più venduto, in Italia e nel Mondo.

Bene: se hai notato un’incongruenza nei due periodi precedenti, non c’è errore. Prima ho scritto delle cinque denominazioni storiche di Lambrusco e poi ho parlato di sei. Come mai? Il motivo è presto detto. Per noi cremonesi, se dici Lambrusco, il pensiero vola e va inevitabilmente verso la sesta denominazione che lo contempla, la meno conosciuta, la cenerentola di questa famiglia: il Lambrusco Mantovano.

Il Lambrusco Mantovano è il vino di riferimento di una larga parte della nostra Provincia, quella genericamente identificata con il termine “Casalasco”, che con Mantova confina e con essa ha strettissimi legami economici, commerciali e soprattutto, per quel che ci riguarda, enogastronomici.

Epperò, pur essendo Mantova la seconda provincia lombarda per ettolitri di vino prodotti (anzi forse proprio per questo), la nomea di questo prodotto è molto spesso negativa e la sua conoscenza in larga parte sconosciuta agli intenditori.

Non solo: la storia del Lambrusco Mantovano è antichissima, e sebbene la DOC sia arrivata molto tardi, nel 1987, già Virgilio ne parlava nel suo Le Bucoliche nel 40 a.c., anche se in realtà non possiamo sapere con certezza se la Vitis Labrusca citata dal grande poeta romano sia effettivamente la stessa varietà di uva che oggi origina il Lambrusco.

E a proposito di uva, vale la pena ricordare che il Lambrusco Mantovano prevede l’utilizzo dei vari Grasparossa, Maestri, Salamino e Marani; ma che a differenza degli omonimi emiliani ha come importanti componenti gli autoctoni Lambrusco Viadanese e Ancellotta.

La sua produzione è suddivisa in due zone distinte e distanti, separate dal fiume Po: l’Oltrepò Mantovano e il Viadanese Sabbionetano.

L’Oltrepò Mantovano è la parte della provincia situata, appunto a sud del Grande Fiume, che comprende 19 comuni e circa 85.000 abitanti. I centri più significativi sono San Benedetto Po (dove si trova la famosa Abbazia in cui vi è sepolta Matilde di Canossa) e Gonzaga (città che ha dato il nome alla omonima nobile famiglia, il cui ramo Gonzaga di Vescovato è strettamente legato al nostro territorio). Qui la produzione di Lambrusco risente dell’influenza delle province emiliane confinanti di Reggio e Modena, che porta a produrre un vino più morbido e fruttato.

Tra le cantine più significative troviamo Fondo Bozzole a Poggio Rusco (eccellente L’Incantabiss, etichetta a base di uva Ruberti dedicata ad Arnoldo Mondadori, originario di questo comune) e Bugno Martino a San Benedetto Po, con l’etichetta Rosso Matilde (uve Salamino e Ancellotta) dedicata alla già citata contessa.

Il Viadanese Sabbionetano è invece la zona di produzione probabilmente più interessante per noi Cremonesi, vuoi per la vicinanza geografica, vuoi per lo stretto e storico legame (Viadana e Sabbioneta, pur essendo in provincia di Mantova, appartengono alla Diocesi di Cremona), vuoi per la qualità dei vini prodotti. Il Lambrusco di questa parte del Po, infatti, è considerato il più autentico, il più corposo e strutturato, sicuramente a causa della varietà di uva Lambrusco utilizzata, autoctona ed esclusiva di queste zone.

Pertanto, dopo aver obbligatoriamente visitato Sabbioneta, la perla dei Gonzaga da sempre chiamata la piccola Atene, concedetevi un pomeriggio di svago alla Corte Pagliare Verdieri di Commessaggio, dove la vulcanica Mimma è brava interprete del Lambrusco Viadanese; o alla Cantina Caleffi di Spineda, ad oggi l’unica azienda vinicola posta in territorio cremonese. Qui, i fratelli Davide ed Emanuele hanno da pochi anni trasformato una parte della loro azienda zootecnica in vitivinicola, producendo con il metodo ancestrale della rifermentazione in bottiglia diverse tipologie di Lambrusco, utilizzando principalmente Lambrusco Viadanese e Ancellotta.

Andrea Fontana


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